Quali e quante “Cose” hanno affollato la letteratura di fantascienza e il cinema di fantascienza, cominciando dal racconto lungo Who Goes There? di John W. Campbell e il primo film, La Cosa da un altro mondo, da esso ricavato da Christian Nyby e Howard Hawks rifatto poi da John Carpenter con il semplice titolo La Cosa? E come si arriva al quadro storico-politico dell’Italia degli anni Settanta passa attraverso il filtro della fantascienza? Perché ad esempio proprio l’Italia segnata dal potere mafioso (“Cosa Nostra”) e dal terrorismo diventa lo spazio funzionale privilegiato del «paradigma della Cosa», ossia del lacaniano «misterioso oggetto alieno non morto che cade dall’universo, un oggetto non umano ma tuttavia vivente e persino in grado di avere, spesso, una propria volontà maligna» (Žižek)? Il fantasma incombente di queste oscure, talvolta concomitanti “Cose” italiane, durature, insidiose, si manifesta in film come Perché si uccide un magistrato di Damiani, in cui il protagonista, giornalista e cineasta d’inchiesta si chiama appunto “Solaris”, come il romanzo di Lem. Si manifesta in Todo modo di Elio Petri, in Identificazione di una donna di Antonioni, infine in La Cosa di Nanni Moretti e Buongiorno, notte di Marco Bellocchio, dell’impossibilità allora come oggi di intercettare la verità fattuale, oggetto non identificato per eccellenza.