Italian Review of Legal History
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Published By Milano University Press

2464-8914

2021 ◽  
pp. 485-546
Author(s):  
Raffaella Bianchi Riva ◽  
Chiara Spaccapelo

Il tema dell’eccessiva durata dei processi e delle sue conseguenze pregiudizievoli sull’effettività della tutela giudiziaria rappresenta, da sempre, uno dei principali nodi del rapporto tra giustizia e opinione pubblica.Sin dall’unificazione italiana, la questione è stata affrontata per lo più sul piano delle riforme del processo e dell’ordinamento giudiziario, senza, tuttavia, la predisposizione di adeguati interventi in grado di incidere sull’organizzazione delle strutture e del personale. Se soltanto di recente il nostro ordinamento ha approntato strumenti di tutela diretta al principio della ragionevole durata del processo, formalizzato nell’art. 111 Cost., la responsabilità disciplinare dei magistrati per ritardo nel deposito dei provvedimenti ha rappresentato, sin dall’inizio del Novecento, uno degli strumenti principali non solo per reprimere gli episodi più gravi (oggi determinanti addirittura un danno erariale da disservizio), ma anche per restituire credibilità alla funzione giudiziaria, nell’ambito delle complesse dinamiche relative al rapporto tra magistratura e società.Lo studio mira a valutare se, in assenza di idonei strumenti normativi volti ad evitare o quantomeno a contenere il fenomeno della lunghezza dei procedimenti, gli interventi della giurisprudenza, prima, della Suprema corte disciplinare e, dopo, della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, chiamate a sanzionare gli illeciti dei singoli magistrati, siano stati in grado, nella difficoltà di trovare un equilibrio tra standard di rendimento e carichi esigibili, di rispondere in maniera soddisfacente al contenimento dei tempi del processo e alla riduzione dell'arretrato, obiettivi tra i principali del PNRR.


2021 ◽  
pp. 47-107
Author(s):  
Giacomo Alberto Donati

Il tema dell’evasione dal carcere risulta essere tra quelli attorno ai quali, in epoca di utrumque ius, si appuntò l’attenzione tanto della dottrina civilistica quanto di quella canonistica (oltre che di grandi nomi della cultura occidentale come Tommaso d’Aquino). Attraverso il ricorso a diversi generi letterari (commentaria, tractatus, consilia, decisiones, practicae), il presente contributo si prefigge il compito di illustrare alcune delle conclusioni più rilevanti sul tema, prendendo specialmente in considerazione quel torno di tempo dato dal tramontare del Medioevo nella prima Modernità.


2021 ◽  
pp. 737-762
Author(s):  
Stefania T. Salvi

Il contributo intende esaminare i caratteri del notariato milanese nel delicato momento di passaggio dall’antico regime alla successiva età napoleonica, quando l’ideologia della Rivoluzione, esportata dalle armate napoleoniche, comportò, nello specifico settore notarile, l’abbandono delle eterogenee funzioni che avevano caratterizzato i notai settecenteschi, in continuo bilanciamento tra ‘privato’ e ‘pubblico’, e l’affermarsi di una serie di nuovi, fondamentali principi. Si studierà, in particolare, il caso di Milano che, dopo aver conosciuto alcuni cambiamenti di rilievo sul finire dell’ancien régime, come la nascita dell’Archivio pubblico (1775), la riforma giuseppina del reclutamento dei notai e il Regolamento generale per i notari della Lombardia austriaca (1794), visse, prima da capitale del Regno d’Italia napoleonico e poi nella realtà politica del Regno Lombardo-Veneto, un’intensa stagione di vivaci dibattiti in merito all’opportunità e alle modalità di innovare una professione, da tempo esercitata in maniera proteiforme da un ceto, tutt’altro che compatto, in cui si distinguevano operatori molto diversi tra loro per cultura e provenienza sociale. Senza apparentemente soffrire i frenetici rivolgimenti politici della prima metà dell’Ottocento, i notai lombardi si dimostrarono una categoria operosa, capace di adattarsi ai tempi nuovi, non più frenati, nella loro ascesa sociale e professionale, dai vincoli imposti dalla società di antico regime.


2021 ◽  
pp. 691-718
Author(s):  
Francesco Bettarini

La connessione tra la scrittura pubblica e la figura del notaio nella città di Ragusa (Dubrovnik) è l’argomento principale di questo contributo. Centro urbano posto all’esterno della giurisdizione del Sacro Romano Impero, l’evoluzione della pratica notarile conobbe qui percorso divergenti dal modello ideato dalla scuola giuridica bolognese, sebbene il peso della sua influenza raggiungesse anche le città della costa dalmata. Il risultato più evidente di questa tradizione peculiare fu l’assimilazione del notariato e del cancellierato all’interno di una sola figura professionale, assorbita all’interno della burocrazia dello stato. In ragione della loro esperienza e formazione maturata presso gli studi universitari, il governo raguseo decise alla fine del XIII secolo di affidare l’ufficio notarile ai soli notai italiani.


2021 ◽  
pp. 131-171
Author(s):  
Maria Natale

La condizione giuridica degli ebrei, sin dai primi anni del XVI secolo, fu disciplinata a Napoli da un susseguirsi di provvedimenti dal contenuto variamente afflittivo. Rispetto a tali precedenti, la riforma varata da Carlo di Borbone segnò una svolta epocale.Adottato dopo una lunga e problematica gestazione, l’editto costituì parte di un più ampio quadro di riforme finalizzato a «coltivare l’umana società». In tale prospettiva, più fonti documentano il collegamento esistente tra quell’iniziativa e la coeva istituzione delSupremo Magistrato del Commercio. L’orizzonte comune ad entrambe le riforme risiedeva nella volontà di dare vita ad una nuova Napoli “giudaica”, produttiva e commerciante: un’ambizione di rinnovamento che si infranse allorquando s’indebolì, e poi venne meno, la base di consenso e di sostegno politico che aveva trainato le riforme.


2021 ◽  
pp. 563-594
Author(s):  
Maria Gigliola Di Renzo Villata

L’obiettivo è quello di tracciare una linea di evoluzione della professione notarile attraverso i secoli dal basso medioevo all’età contemporanea nell’Italia centro-settentrionale tra ascesa e declino, due poli di uno sviluppo multiforme. Nella ricostruzione si concentrerà l’attenzione su alcuni momenti e snodi: il notaio dell’età bassomedievale interviene nella società e nelle istituzioni con un ruolo crescente, consapevole della propria funzione e forte della sua preparazione, verificata all’ingresso nell’attività. Il Cinquecento sembra rappresentare un momento di crisi, quanto meno nella percezione diffusa. Si intensificano i controlli della preparazione, si istituiscono archivi, si discute della ‘nobiltà’ dei notai. Tra fine Sette e Ottocento gli interventi statali si moltiplicano fino alle prime leggi unitarie: solo nel 1913 si chiederà, come requisito per la professione, la laurea.


2021 ◽  
pp. 199-255
Author(s):  
Mario Riberi

Il giurista nizzardo Giovanni de Foresta è un personaggio poco noto e pochissimo studiato, nonostante il suo notevole apporto dato alla causa dell'unità d'Italia. Sostenitore di Cavour, sedette alla Camera subalpina per due legislature, la IV e la V, e rivestì due importanti incarichi di governo: fu ministro di Grazia e Giustizia sia nel primo governo D’Azeglio sia nel secondo governo Cavour, nel periodo di entrata in vigore delle leggi Siccardi. Oggetto di questo articolo sono i progetti elaborati da De Foresta durante questi due incarichi ministeriali. Innanzitutto il progetto che si tradusse nella legge del 26 febbraio 1852 sull’introduzione di misure restrittive della libertà di stampa: il dibattito parlamentare che ne seguì portò alla frattura della destra e alla stagione del "connubio" Cavour-Rattazzi. Successivamente viene illustrata l’opera svolta da De Foresta negli anni 1855-59 per il rinnovamento della codificazione del Regno di Sardegna attraverso l’apertura di un cantiere sia per l’elaborazione del codice di procedura civile sia per la revisione dei codici penali, che nel 1860 sostituirono quelli albertini. È infine presentato il contributo dato nel 1858 da De Foresta all'alleanza con la Francia, ritenuta indispensabile da Cavour per realizzare l'unità d'Italia, quando il Guardasigilli, per venire incontro alle richieste del governo francese, fece approvare dal Parlamento subalpino la legge sulle sanzioni da infliggere ai cospiratori contro i capi di stato stranieri.


2021 ◽  
pp. 677-689
Author(s):  
Gian Paolo Giuseppe Scharf

Milano e Arezzo, due città apparentemente molto distanti, ma in realtà piuttosto simili in fatto di civiltà notarile, vengono qui confrontate da questo punto di vista per evidenziare similitudini e particolarità della produzione notarile, della sua conservazione, della carriera e del ruolo di tali protagonisti, del formulario usato da essi. L’analisi viene estesa anche al contado, considerato parte inscindibile di un unico spazio comunale che nella città aveva il suo centro.


2021 ◽  
pp. 109-130
Author(s):  
Matteo Traverso

L’articolo intende approfondire la contrapposizione che si ebbe a cavallo tra il 1722 ed il 1723 tra Vittorio Amedeo II e il Senato di Piemonte a causa dell’assoluzione che questa magistratura diede ad una guardia campestre che era stata sorpresa armata nel mandamento di Mondovì in violazione di un editto regio. Le rimostranze sovrane, le difese dei senatori e i pareri degli altri giuristi interpellati dal re consentono di ricostruire questo scontro ma consentono anche di indagare una questione più importante: fino a che punto poteva arrivare il potere interpretativo di una corte sovrana sulla normativa regia?


2021 ◽  
pp. 547-562
Author(s):  
Laura Ciccozzi

The history of civil disobedience begins in the United States in the 17th century and has evolved during the centuries. The most modern type of civil disobedience, whistleblowing, is emblematic of how the concept has changed over the last decades.The question of which circumstances justify disobedience to the law is one of the most debated in the history of legal thought. The article analyses the relationship between morality and criminal law or, in other words, between the right (and duty) to disobey certain laws and its consequences.


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