Lo studio propone un’indagine in prospettiva storica intorno al dialogo multiforme fra arte e diritto, prendendo in considerazione l’arte come oggetto di diritto e, al contempo, come dispositivo di interrelazione, ovvero come diaframma materiale e concettuale fra cultura giuridica e cultura tout court. Entro questa prospettiva, è affrontata la questione della ‘vera arte’ nell’interpretazione del giurista, attraverso la giurisprudenza in tema di oltraggio al pudore, fra codice penale liberale e codice del 1930. La transizione fra i due testi normativi, che vedono la luce in contesti storici e culturali profondamente differenti, porta a un apparente affrancamento normativo dell’arte dalla morale, finché la libertà dell’arte troverà forma costituzionale. Il dissidio fra arte e morale, tuttavia, si mantiene vivo per il giurista, facendosi intrinseco alla possibilità di qualificare un’opera dell’ingegno quale opera d’arte.