Storia, erudizione, poesia. I primi studi ariostei di Giosuè Carducci (1872-1875).

2012 ◽  
Vol 189 (628) ◽  
pp. 481-529
Author(s):  
Federico CASARI
Keyword(s):  
Books Abroad ◽  
1940 ◽  
Vol 14 (4) ◽  
pp. 395
Author(s):  
Michele Cantarella ◽  
Tommaso Parodi
Keyword(s):  

Italica ◽  
1931 ◽  
Vol 8 (1) ◽  
pp. 9
Author(s):  
Julius Giuntoni
Keyword(s):  

Books Abroad ◽  
1931 ◽  
Vol 5 (4) ◽  
pp. 404
Author(s):  
Domenico Zanichelli
Keyword(s):  

Italica ◽  
1942 ◽  
Vol 19 (3) ◽  
pp. 119
Author(s):  
Elizabeth Nissen ◽  
William Fletcher Smith
Keyword(s):  

2017 ◽  
Vol 142 (2) ◽  
pp. 257-276
Author(s):  
Lauren Jennings

ABSTRACTThis article explores the role of music in nineteenth- and twentieth-century accounts of medieval Italian literature and its relation to the construction of Italian national identity both during and long after the Risorgimento. Tracing music's role in the writings of Giosuè Carducci, Vincenzo De Bartholomaeis and Aurelio Roncaglia, it argues that music somewhat paradoxically became entangled with Italy's literary identity even as scholars worked to extricate the peninsula's most renowned poetry from its grasp. In the realm of ‘popular’ poetry, Italianness depends on the presence of music, which serves as a marker of that poetry's popular origins. In contrast, music's absence from the realm of ‘high-art’ poetry was essential to the construction of an Italian tradition independent of and superior to its French and Provençal predecessors.


Italica ◽  
1935 ◽  
Vol 12 (3) ◽  
pp. 193
Author(s):  
Elio Gianturco ◽  
Daniele Mattalia
Keyword(s):  

Linguistica ◽  
1972 ◽  
Vol 12 (1) ◽  
pp. 107-123
Author(s):  
Ivan Klajn
Keyword(s):  

È indubbio che Giosue Carducci si trova a una svolta nello sviluppo del linguaggio poetico italiano. Prima di lui, alla conclusione del regno più che quadrisecolare della lingua petrarchesco-bembiana, i primi romantici avevano proclamato la necessità di rinnovare, fra l'altro, anche illinguaggio della poesia. Ma il peso della tradizione era troppo grande perché essi, con le loro modeste personalità poetiche, potessero attuiue un vero sovvertimento. Il Berchet adoperò qualche parola non ammessa nel lessico poetico più tradizionalista, ma il fondo del suo linguaggio rimase decisamente aulico, con speme, desire, pièta, veglio, assiso, diè, sieno, fea, mancâr, seguio, rimanmi, nosco, il difende, ei preferse e simili anticaglie. Nel Prati, gli elementi nuovi stonano ancora di più contro lo sfondo tradizionale; l'Aleardi, poi, «segna un netto ritorno alla tradizionne”. La generazione successiva al Carducci, invece, è dominata dal Pascoli, nella cui poesia non rimangono che rare tracce degli arcaismi creditati. Anche per ragioni cronologiche, quindi, calcolando una specie di media aritmetica, potremmo aspettarci di trovare nella lingua del maremmano una uguale mescolanza del vecchio e del nuovo.


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