Mammalian Target of Rapamycin and Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease

2009 ◽  
Vol 41 (6) ◽  
pp. S18-S20 ◽  
Author(s):  
R.P. Wüthrich ◽  
A.L. Serra
2018 ◽  
Vol 22 (3) ◽  
pp. 48-54
Author(s):  
G. Stallone ◽  
B. Infante ◽  
L. Gesualdo

La malattia renale policistica autosomica dominante (Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease, ADPKD), è la più comune forma di malattia renale cistica e rappresenta, nel mondo, la causa di terapia sostitutiva emodialitica nel 7–10% dei pazienti. Sono noti due tipi di malattia policistica: il tipo I è causato da mutazioni del gene PKD1, che codifica per la policistina-1, è la forma più diffusa e aggressiva e colpisce soggetti di età giovane; il tipo II è causato da mutazioni del gene PKD2 che codifica per la policistina-2 e rappresenta il 10–15% dei casi, a evoluzione più lenta. Clinicamente, le cisti si svilup-pano a livello renale, epatico, pancreatico e intestinale. Il dolore cronico, la chirurgia palliativa, l'insufficienza renale, la dialisi, il trapianto, come anche la morte, sono tutte conseguenze di questa malattia genetica che non ha ancora una terapia medica per rallentare o arrestare la sua progressione. Di grande interesse per il suo potenziale terapeutico, è la dimostrazione che la Policistina-1, formando un complesso con la tuberina (la proteina la cui mutazione causa la sclerosi tuberosa), agisce come un inibitore endogeno dell'attività del mammalian Target of Rapamycin (mTOR). Se mutato, come nell'ADPKD, tale meccanismo inibitorio viene compromesso e ciò favorirebbe lo sviluppo delle cisti. I recenti discordanti risultati di alcuni studi nell'uomo sull'uso di un inibitore di mTOR in pazienti affetti da ADPKD, possono generare interrogativi e confusione, ma diverse e molteplici possono essere le ragioni per cui tali studi hanno portato a conclusioni diverse fra di loro. A questo punto, è d'obbligo porsi l'interrogativo se questi risultati siano la fine o possano essere l'inizio di nuovi studi. Agli Autori piace considerare la seconda ipotesi, in quanto tutti gli studi di biologia molecolare, quelli preclinici, e su animali, hanno confermato la “bontà” del percorso intrapreso. Questa rassegna viene proposta per fare chiarezza sui risultati di tali studi e per dare una speranza concreta, secondo l'opinione degli Autori, sulla possibilità di riuscire a scoprire una cura per tale patologia.


Praxis ◽  
2009 ◽  
Vol 98 (25) ◽  
pp. 1511-1516
Author(s):  
Serra ◽  
Wüthrich

Die autosomal dominante polyzystische Nierenerkrankung (autosomal dominant polycystic kidney disease, ADPKD) ist charakterisiert durch eine massive Vergrösserung beider Nieren, bedingt durch unzählige Zysten. Die Zystenbildung beginnt bereits in utero und das kontinuierliche Zystenwachstum führt zur Kompression und Zerstörung des nicht-zystischen Nierenparenchyms, sodass schliesslich ein Nierenersatz in der 5. bis 6. Lebensdekade notwendig wird. Bisher gab es keine kausale Therapie, welche das Fortschreiten der Krankheiten aufhält. Tierexperimentelle Daten zeigen, dass die medikamentöse Inhibition eines zentralen Regulators der Zellproliferation, dem so genannten «mammalian target of rapamycin» (mTOR), den Kranheitsverlauf der ADPKD verlangsamen kann. Die vorliegende Übersicht vermittelt einen Einblick in die Erkrankung und in die neue therapeutische Möglichkeit des mTOR Inhibitors Sirolimus, welcher zurzeit in klinischen Studien getestet wird.


2018 ◽  
Vol 47 (5) ◽  
pp. 352-360 ◽  
Author(s):  
Stephen L. Seliger ◽  
Kaleab Z. Abebe ◽  
Kenneth R. Hallows ◽  
Dana C. Miskulin ◽  
Ronald D. Perrone ◽  
...  

Background: Metformin inhibits cyclic AMP generation and activates AMP-activated protein kinase (AMPK), which inhibits the cystic fibrosis transmembrane conductance regulator and Mammalian Target of Rapamycin pathways. Together these effects may reduce cyst growth in autosomal dominant polycystic kidney disease (ADPKD). Methods: A phase II, double-blinded randomized placebo-controlled trial of 26 months duration. Participants will include nondiabetic adults (n = 96) aged 18–60 years, with an estimated glomerular filtration rate (eGFR) ≥50 mL/min/1.73 m2 and ADPKD, recruited from university-based practices in Baltimore and Boston. Participants will be randomized in 1: 1 ratio to metformin or placebo at 500 mg once daily, increased every 2 weeks to a maximum of 1,000 mg twice daily as tolerated. Dose is decreased if eGFR falls to 30–45 mL/min/1.73 m2 and discontinued at eGFR < 30 mL/min/1.73 m2. Results: The primary outcomes are safety, assessed by the rates of hypoglycemia, elevated lactic acid levels, adverse events, and tolerability assessed by the Gastrointestinal Severity Rating Scale and maximum tolerated dose of study medication. Secondary outcomes include changes in total kidney and liver volumes, pain, and health-related quality of life, and changes in urinary metabolomic biomarkers. Conclusions: Results of this trial will provide important information on the feasibility, safety, and tolerability of long-term use of metformin in patients with ­ADPKD and provide preliminary information regarding its efficacy in slowing disease progression. Furthermore, results may support or refute the hypothesis that metformin effects on disease progression are mediated through the activation of the AMPK pathway. These results will be essential for the justification and design of a full-scale efficacy trial.


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