Educatori come designer degli spazi perFormativi. Asili nido come ‘fabbriche' di cittadinanza e innovazione sociale

2020 ◽  
pp. 39-57
Author(s):  
Maria D’Ambrosio ◽  
Giovanni Laino

Il saggio apre uno spazio di riflessione sul tema della povertà educativa attraverso una pro-posta teorica e metodologica che investe le politiche e i servizi per l'infanzia di un ruolo stra-tegico nel ridisegno di un ecosistema territoriale in grado di qualificare in chiave pedagogica gli spazi e le attività rivolte ai minori e alla genitorialità. Una qualità pedagogica che passa per i professionisti dell'educazione, quindi per la loro formazione e per la loro postura da ricercatori in situazione, e anche per una pianificazione urbanistica strategica in grado di coniugarsi con una ‘visione' di città che contenga l'idea di spazio urbano e di relativa comu-nità educante, attenta alla complessità delle dinamiche che producono diseguaglianze, mar-ginalità e le molte forme di povertà. In questo senso, e recuperando una responsabilità istitu-zionale connessa alla responsabilità di ciascun professionista, il saggio fa emergere anche quanto pensato e sperimentato nell'attuazione del progetto IRIS (Interventi per Riqualificare e Innovare la Scuola) riferito agli asili nido e ai servizi per l'infanzia del Comune di Napoli. Politiche socio-educative e politiche urbane vengono lette come strumenti per connettere e articolare in chiave pedagogica, emancipativa, trasformativa, le azioni strutturali e integrate in grado di rispondere ai bisogni dell'infanzia e al ruolo dei professionisti dell'educazione, perché proprio a partire da questi professionisti si possa nutrire e potenziare la loro capacità/necessità di partecipazione alla vita e alla costruzione-rigenerazione dei legami sociali/territoriali, in chiave di contrasto alla povertà educativa. Si tratta cioè di recuperare per le professioni socio-educative e per i decisori istituzionali e i pianificatori delle politiche e dei servizi educativi, quella ‘sensibilità' e quella operosità, e quindi quella Vita Activa, rintraccia-ta dalla Arendt (1958) come specifica della condizione umana. Una condizione, quella sensi-bile e activa, quindi altamente interattiva e partecipativa, che ciascuno è chiamato a recupe-rare e a nutrire, proprio attraverso una qualità del gesto e della pratica educante che va ben oltre gli ‘spazi' destinati all'educazione. "L'educazione non è un'isola", sosteneva Jerome Bruner (1996), e in questo senso le politiche e i servizi educativi si devono riconnettere a una più estesa e complessa cultura dell'educazione che emerge proprio dalle dinamiche urbane, sociali, culturali, e trova nello spazio extra-quotidiano dell'educativo una possibilità concreta di innovazione e di nuova traiettoria. La qualità (pedagogica) dei servizi educativi in un qua-dro istituzionale di Welfare, è dunque quella possibilità della policy di tradursi in agency e di generare innovazione sociale ovvero variazioni sul piano della povertà educativa e dei feno-meni con cui si manifesta. La qualità (pedagogica) ha necessità di prendere corpo e di farsi spazio rigenerandosi in nuove pratiche che lavorino proprio sul nesso tra corpi e spazi, e sulla loro reciproca capacità di interazione. Lo scritto è dunque attraversato da un evidente sguardo epigenetico che tiene insieme rifles-sione epistemologica e sua istanza metodologica e qualifica le pratiche educative come ‘pale-stre' di cittadinanza e di coesione sociale in chiave trasformativa e rigenerativa, sia sul piano individuale che su quello politico e delle politiche, così da far emergere la metodologia ‘em-bodied' (Bongard-Pfeifer, 2007) come approccio bio-politico al governo ‘sensibile' del ‘vivente': perché l'educazione e la politica possono insieme ridisegnare un nuovo ecosistema per il process generativo della creatura vivente/living creature (Dewey, 1934).

2002 ◽  
Vol 22 (1) ◽  
pp. 76-76
Author(s):  
No authorship indicated
Keyword(s):  

2020 ◽  
Vol 2 (1) ◽  
Author(s):  
ERCAN ÇATAK ◽  
Ali ATALAY

By obtaining changes on gene sequences of living things with the applied biotechnological methods; The idea of "Genetically Modified Organisms (GMO)", which aims to bring the living creature in question the original gene combinations with the desired characteristics, came to life in the late twentieth century. Despite the high probability that hunger problems may increase with the increasing world population; It is thought that plant breeding with classical farming methods will be insufficient in solving these problems. With various GMO applications developed all over the world, it aims to produce solutions to these problems. With the presence of GMO, it was possible to increase the shelf life of qualitative and quantitative values of the existing foods. In addition, decreases in agricultural use of pesticides used in agricultural struggle and threatening human health with GMO production are noteworthy. However, some concerns about anomalies that may occur in living things fed GMO products remain on the agenda. Because, in the long term, there is no clear and precise information that GMO will not have negative effects on living things; There are many recorded incidents showing their negative effects.


Enfance ◽  
1993 ◽  
Vol 46 (1) ◽  
pp. 47-57
Author(s):  
Janine Abécassis
Keyword(s):  

2021 ◽  
pp. 147447402110354
Author(s):  
Jonathon Turnbull ◽  
Adam Searle

After being captured from the streets of Moscow, Laika was the first living creature to be sent into Earth’s orbit by the USSR in 1957. The 2019 film, Space Dogs, tells the story of Laika’s spectral return to Moscow, and searches for her ghosts in the city’s street dogs 60 years later. Combining archival material with contemporary documentary footage ‘filmed at dog’s level’, the film reanimates Laika’s spectral afterlives. Drawing on a series of in-depth conversations with the film’s directors, writers, and director of photography, we provide critical reflections on filmmaking practice for animals’ geographies. We offer a three-part typology which frames these contributions: attunement, which focuses on the affordances of filmmaking practice for attuning to the lives of nonhuman lifeworlds; perspective, which documents how filmmaking practice allows for more-than-human urban space to be viewed from alternative vantage points; and narration, which enables filmmakers to experiment with affective modes of representing animals’ lives, offering audiences alternative spatiotemporal experiences. Finally, we reflect on the potentials of filmmaking as a fruitful practice, method, and output for animals’ geographers.


Author(s):  
Miia Rannikmäe ◽  
Jack Holbrook ◽  
Regina Soobard

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