CARDIOLOGIA AMBULATORIALE
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Published By G. Giappichelli Editore Srl

1971-6818

2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 85-91
Author(s):  
Alfio Ernesto Bianchi ◽  
Antonio Maggi ◽  
Riccardo Raddino

Il microbiota intestinale è un ecosistema batterico cha ha proprietà difensive per l’ospite ma che in particolari condizioni può produrre metaboliti tossici e dannosi per l’organismo. Metaboliti benefici sono gli acidi grassi a catena corta (SCAF), i metaboliti biliari ed i probiotici. Metaboliti dannosi sono la trimetilamina-N-ossidata (TMAO), i lipopolisaccaridi (LPS) e le tossine uremiche. La permeabilità della mucosa intestinale è la causa principale del passaggio in circolo di metaboliti dannosi. Il microbiota può intervenire in modo difensivo o dannoso in molte patologie cardiovascolari come la cardiopatia ischemica e lo scompenso ed in situazioni cliniche come il diabete, l’obesità, la malattia renale, la colite ulcerosa, il morbo di Chron e le malattie neurodegenerative. La dieta corretta è il cardine per mantenere una una favorevole funzionalità del microbiota.


2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 131-141
Author(s):  
Franco Cosmi

Introduzione. Le linee guida sono delle raccomandazioni con diversi livelli di evidenza scientifica messe a punto dagli esperti individuati dalle Autorità Regolatorie e dalle Società Professionali per consentire i migliori standard di intervento diagnostico e terapeutico al momento disponibili. Con la Legge 24/2017 in Italia sono diventate di osservanza giurisprudenziale, anche se a tutt’oggi mancano ancora le raccomandazioni ministeriali previste. Scopo. L’obiettivo dello studio è la valutazione nella pratica ambulatoriale cardiologica corrente dell’adesione alle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) riguardo i 3 principali fattori di rischio cardiovascolare: quelle sull’ipertensione del 2018, sulle dislipidemie e diabete mellito del 2019. Sono state valutate le criticità cliniche, amministrative ed organizzative che rendono difficoltosa la loro applicazione. Metodi e risultati. I target di valori pressori raccomandati dalle linee guida europee nei pazienti con sindrome coronarica cronica ipertesi comportano difficoltà decisionali soprattutto riguardanti la persistenza di valori di pressione sistolica elevata ≥ 140 mmHg con diastolica < 70 mmHg, ritenuti pericolosi dalle linee guida, valori di sistolica < 130 mmHg nelle persone di età ≥ 65 anni e in quelle con valori < 120 mmHg di età inferiore. Sempre in questi pazienti, con dislipidemia, la normativa vigente non prevede la rimborsabilità dei farmaci inibitori PCSK9 nei pazienti con livelli di LDL superiori all’obiettivo indicato di 55 mg/dl ma inferiore a 100 mg/dl. Nei pazienti diabetici a rischio molto elevato non è prevista la possibilità prescrittiva del cardiologo e dei medici di medicina generale degli ipoglicemizzanti appartenenti alle categorie degli SGLT2-i e GLP1-ar nonostante questi farmaci siano raccomandati in classe I A. Per le difficoltà organizzative riscontrate la prescrizione è limitata al 15-20% dei pazienti a rischio cardiovascolare molto elevato. Conclusioni. Le linee guida rappresentano le raccomandazioni per la migliore terapia a disposizione da parte della medicina ufficiale. Esse aiutano il medico a prendere la decisione terapeutica più congrua allo stato dell’arte. Problematiche di ordine clinico, amministrativo ed organizzativo rendono difficili gli adeguati percorsi diagnosticoterapeutici ed assistenziali necessari per la loro applicazione nella pratica clinica rendendo non ottimale il trattamento dei tre principali fattori di rischio cardiovascolare. L’inerzia terapeutica conseguente alla fatica burocratica potrebbe esporre il medico a problematiche medico-legali imputabili più a meccanismi di sistema che alla sua competenza professionale.


2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 142-147
Author(s):  
Vito Maurizio Parato ◽  
Michele Scarano ◽  
Federica Traini ◽  
Simona Pelliccioni

Le disfunzioni tiroidee sono causa di turbe del ritmo cardiaco. Nello specifico, l’ipotiroidismo può causare blocchi atrio-ventricolari anche di II e III grado, talora complicati da deterioramento emodinamico. È ritenuto che tali turbe di conduzione possano essere reversibili a seguito di terapia di supplementazione con L-tiroxina. Presentiamo il caso di una donna di 87 anni con un quadro di deterioramento emodinamico per shock/severa ipotensione e rilievo all’ECG di BAV di alto grado con ritmo sostitutivo a FC di 26 bpm. A seguito di elettrostimolazione d’emergenza intraventricolare destra, la paziente è stata trattata con impianto di pacemaker permanente. Per il riscontro di un quadro di ipotiroidismo severo da tiroidite autoimmune, è stato iniziato un trattamento sostitutivo con L-tiroxina associata a prednisone. In sesta giornata si assisteva al ripristino di ritmo sinusale che risultava presente anche al followup di 21 giorni. Da una revisione della letteratura medica si evince che il BAV di II e III grado in presenza di ipotiroidismo è reversibile in una bassa percentuale di casi e che l’impianto di pacemaker permanente rimane una soluzione “quasi sempre” indicata.


2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 92-106
Author(s):  
Luigi Fimiani ◽  
Giuseppe Andò ◽  
Marta Belmonte
Keyword(s):  

La doppia terapia antiaggregante (DAPT) costituisce il gold standard del trattamento dei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione miocardica percutanea (PCI), riducendo il rischio ischemico a breve ed a lungo termine, a costo di un aumento del rischio emorragico. Il rischio ischemico ed emorragico riconoscono cause comuni e spesso vanno contestualizzati nel quadro clinico globale di pazienti complessi, con plurime comorbidità. Verranno quindi delineati gli elementi da considerare per una adeguata gestione della DAPT in casi clinici complessi.


2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 107-117
Author(s):  
Tiziana Leopizzi ◽  
Agnese Maria Fioretti

l tromboembolismo venoso rappresenta una causa di elevata mortalità e morbilità nei pazienti oncologici; gli anticoagulanti iniettivi ed il warfarin presentano alcuni limiti, difficilmente superabili nella pratica clinica. I recenti trial sugli anticoagulanti orali diretti, in prevenzione primaria, secondaria e nel trattamento del tromboembolismo venoso nel paziente con cancro attivo hanno dimostrato che i DOACs sono una scelta terapeutica non solo sicura ed efficace, ma anche maneggevole. In un ambito clinico “challenging” a causa di concomitanti terapie antitumorali, cateteri venosi centrali, trombocitopenia, disfunzione epatica e renale, fragilità tissutale e frequenti procedure invasive che complessivamente concorrono a rendere i pazienti particolarmente suscettibili al tromboembolismo venoso, i DOACs aprono un nuovo scenario terapeutico molto promettente.


2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 115-122
Author(s):  
Riccardo Raddino ◽  
Angelica Cersosimo ◽  
Alfio Ernesto Bianchi ◽  
Antonio Maggi
Keyword(s):  

Gli ormoni tiroidei hanno un impatto significativo sulla funzione e sulla struttura cardiaca. Gli effetti cardiaci intracellulari dell’ormone tiroideo T3 si esplicano attraverso due meccanismi: genomico e non genomico, mentre la definizione di ipertiroidismo o di ipotiroidismo si basa sui livelli sierici di TSH e di concentrazioni libere degli ormoni T3 e T4 (FT3, FT4).L’ipertiroidismo è caratterizzato da un aumento della frequenza cardiaca a riposo, del volume sanguigno, della gittata sistolica, della contrattilità miocardica, della frazione di eiezione e da un miglioramento del rilassamento diastolico. L’ipotiroidismo è associato a una ridotta gittata cardiaca a causa del ridotto rilassamento della muscolatura liscia vascolare e della ridotta disponibilità di ossido nitrico endoteliale con conseguente rigidità arteriosa, aumento della resistenza vascolare sistemica e minor ritorno venoso. In considerazione degli effetti dell’ormone T3 sui cardiomiociti e sulla fisiologia cardiovascolare e metabolica, sarebbe indicata una precoce ricerca sierica dei valori di TSH, FT3 e FT4 in tutti quei pazienti con disfunzione diastolica, fibrillazione atriale, PAH, blocchi atrioventricolari, così da garantire un trattamento precoce che può invertire l’evoluzione clinica e prevenire, così, il rischio di morte cardiovascolare.


2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 123-130
Author(s):  
Matteo Toma ◽  
Giulia Guglielmi ◽  
Gabriele Crimi ◽  
Italo Porto ◽  
Pietro Ameri

La stratificazione del rischio nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (IAP) permette ai clinici di predire l’outcome e monitorare la progressione di malattia. Inoltre, risulta fondamentale per guidare le strategie di trattamento. Nell’ultimo decennio, numerosi score sono stati implementati per valutare il profilo di rischio dei pazienti con IAP e hanno dimostrato come il raggiungimento di un profilo di rischio basso sia associato ad una migliore sopravvivenza libera da trapianto a lungo termine. Ulteriori studi sono necessari per migliorare la valutazione del rischio, in particolare nei pazienti classificati come a rischio intermedio per i quali può risultare complesso effettuare delle scelte terapeutiche.


2021 ◽  
Vol 29 (1) ◽  
pp. 16-22
Author(s):  
Jacopo Lomi ◽  
Alessio Montereggi ◽  
Alessio Mattesini ◽  
Giorgio Baldereschi ◽  
Marco Ciardetti ◽  
...  

Introduzione. L’ipertensione arteriosa resistente è correlata ad un alto rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), e non tutti i pazienti sono in grado di tollerare le terapie, o di ottenere una risposta adeguata a causa di una risposta incompleta ai farmaci o di una ridotta aderenza alla terapia. La denervazione renale transcatetere è un trattamento non farmacologico che potrebbe migliorare il controllo dell’ipertensione resistente. Ad oggi la sua applicazione clinica è limitata dai risultati contrastanti degli studi eseguiti per verificarne l’efficacia. Scopo. Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare l’efficacia a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (IA) resistente. Si sono ricercati inoltre criteri preoperatori predittivi di efficacia della procedura, confrontando vari sottogruppi di pazienti, e considerando le diverse tecniche esecutive (cateteri unipolari, cateteri multipolari o a palloncino). Metodi e risultati. In questo studio multicentrico sono stati coinvolti 38 pazienti con un’età media di 61,2 anni trattati con denervazione renale transcatetere tra luglio 2012 e dicembre 2018 in cinque centri toscani: Azienda Ospedaliero- Universitaria Careggi (Firenze), Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica – CNR Regione Toscana (Pisa) ed Ospedale di Lucca. Sono stati registrati i dettagli tecnici delle procedure di denervazione e le immagini acquisite tramite procedure diagnostiche in preparazione agli interventi e durante il loro svolgimento. L’efficacia della procedura è stata valutata con un follow-up clinico medio di 5,1 anni e con un follow-up strumentale con 24h ABPM di un anno. Inoltre, durante il follow-up, prolungato fino a settembre 2019, sono state eseguite misurazioni della funzionalità renale e sono state registrate le modifiche della terapia farmacologica fino a 7 anni dall’intervento mediante consultazione delle cartelle cliniche ed interviste ai pazienti. In seguito alla denervazione renale, sono state rilevate diminuzioni statisticamente significative dei valori di PA sistolica (– 10,7 ± 6,0 mmHg) e diastolica (5,3 ± 3,9 mmHg) al 24h ABPM. Inoltre, è stata osservata una diminuzione significativa della terapia farmacologica antiipertensiva (-1,2 farmaci). Non si sono verificate complicanze correlate alla procedura, ad eccezione di due lievi ematomi nel sito di accesso femorale. Non sono state rilevate differenze significative di efficacia analizzando i pazienti in base alla tipologia di catetere utilizzato per l’intervento, all’età, al sesso ed alla presenza di diabete mellito. Conclusioni. I risultati di questo studio confermano l’efficacia e la sicurezza a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’IA resistente. Non sono state individuati parametri clinici o procedurali per identificare pazienti più o meno responsivi alla terapia.


2021 ◽  
Vol 29 (1) ◽  
pp. 73-82
Author(s):  
Adele Lillo ◽  
Ettore Antoncecchi ◽  
Valeria Antoncecchi

Sex and gender differences change biology and pathophysiology. Up to now there has been no attention to this problem and the results of scientific research conducted mainly in men were inappropriately shifted to the female sex. The female “umbrella-hormone” bias has come to minimize the impact of risk factors and cardiovascular disease which instead are the leading cause of death in women in developed countries. To take stock of female awareness in Italy and identify methods and topics of intervention, ARCA (Associazioni Regionali Cardiology Ambulatoriali), with the collaboration of GISeG (Gruppo Italiano Salute e Genere), conducted a survey enrolling 2,856 women, mainly interviewed in cardiological outpatient clinics. The mean age of the enrolled patients was 53.8 ± 13.4 years, school attendance was generally low for a European country (with 53% of senior high school diploma or degree). Forty percent of respondents were single. Awareness of traditional risk factors was high, slightly less for diabetes mellitus (81%). The presence of cardiovascular events was strongly correlated with age and the number of conventional risk factors. Lifestyle change seemed to be difficult for a large percentage of women, mainly the eating habits (45%). Ninety one percent declared to need more information about the CVR and over 80% would like the family doctor to provide it. In conclusion, women’s awareness of their cardiovascular risk is still not optimal and the interviewees believe that they need to be primarily informed by their family doctor.


2021 ◽  
Vol 1 (1) ◽  
pp. 1-13
Author(s):  
Ettore Antoncecchi ◽  
Enrico Orsini

Il panorama scientifico 2020 è stato dominato dalla pandemia CoViD, che ha quasi del tutto as-sorbito l’interesse e le energie della ricerca, in ogni branca della medicina. La cardiologia non ha fatto eccezioni. Non vi è stata piattaforma web, congres-so o meeting, rivista internazionale o nazionale, che non si sia occupata in larga misura dei rapporti fra CoViD-19 e malattie cardiovascolari. Il risultato è stata la povertà di reali novità nella produzione scientifica in ambito cardiovascolare. Anche l’atte-sissimo progetto ISCHEMIA, pubblicato nel 2020, che peraltro non ha apportato reali novità nel trat-tamento della cardiopatia ischemica cronica, non ha suscitato il dibattito scientifico che sarebbe stato ne-cessario, soffocato purtroppo dalla tragedia CoViD che il mondo ha vissuto in questo anno. Una delle poche eccezioni dell’anno 2020 è stata la inarrestabi-le conferma degli inibitori SGLT2, che hanno ormai travalicato il semplice ruolo di farmaci antidiabetici, per collocarsi a pieno titolo fra gli agenti dotati di uno spiccato ruolo protettivo verso gli outcomes cardiovascolari. Come ogni anno, abbiamo concentrato la nostra attenzione su alcuni temi, che riteniamo particolar-mente significativi per l’interesse dei lettori.


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