scholarly journals Te linee guida: la difficile applicazione tra clinica, scienza, giurisprudenza, sostenibilità economica ed organizzativa

2021 ◽  
Vol 30 (2) ◽  
pp. 131-141
Author(s):  
Franco Cosmi

Introduzione. Le linee guida sono delle raccomandazioni con diversi livelli di evidenza scientifica messe a punto dagli esperti individuati dalle Autorità Regolatorie e dalle Società Professionali per consentire i migliori standard di intervento diagnostico e terapeutico al momento disponibili. Con la Legge 24/2017 in Italia sono diventate di osservanza giurisprudenziale, anche se a tutt’oggi mancano ancora le raccomandazioni ministeriali previste. Scopo. L’obiettivo dello studio è la valutazione nella pratica ambulatoriale cardiologica corrente dell’adesione alle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) riguardo i 3 principali fattori di rischio cardiovascolare: quelle sull’ipertensione del 2018, sulle dislipidemie e diabete mellito del 2019. Sono state valutate le criticità cliniche, amministrative ed organizzative che rendono difficoltosa la loro applicazione. Metodi e risultati. I target di valori pressori raccomandati dalle linee guida europee nei pazienti con sindrome coronarica cronica ipertesi comportano difficoltà decisionali soprattutto riguardanti la persistenza di valori di pressione sistolica elevata ≥ 140 mmHg con diastolica < 70 mmHg, ritenuti pericolosi dalle linee guida, valori di sistolica < 130 mmHg nelle persone di età ≥ 65 anni e in quelle con valori < 120 mmHg di età inferiore. Sempre in questi pazienti, con dislipidemia, la normativa vigente non prevede la rimborsabilità dei farmaci inibitori PCSK9 nei pazienti con livelli di LDL superiori all’obiettivo indicato di 55 mg/dl ma inferiore a 100 mg/dl. Nei pazienti diabetici a rischio molto elevato non è prevista la possibilità prescrittiva del cardiologo e dei medici di medicina generale degli ipoglicemizzanti appartenenti alle categorie degli SGLT2-i e GLP1-ar nonostante questi farmaci siano raccomandati in classe I A. Per le difficoltà organizzative riscontrate la prescrizione è limitata al 15-20% dei pazienti a rischio cardiovascolare molto elevato. Conclusioni. Le linee guida rappresentano le raccomandazioni per la migliore terapia a disposizione da parte della medicina ufficiale. Esse aiutano il medico a prendere la decisione terapeutica più congrua allo stato dell’arte. Problematiche di ordine clinico, amministrativo ed organizzativo rendono difficili gli adeguati percorsi diagnosticoterapeutici ed assistenziali necessari per la loro applicazione nella pratica clinica rendendo non ottimale il trattamento dei tre principali fattori di rischio cardiovascolare. L’inerzia terapeutica conseguente alla fatica burocratica potrebbe esporre il medico a problematiche medico-legali imputabili più a meccanismi di sistema che alla sua competenza professionale.

2021 ◽  
Vol 29 (1) ◽  
pp. 23-29
Author(s):  
Giorgio Bosso ◽  
Mariarosaria De Luca ◽  
Ugo Oliviero

Gli inibitori del Costrasportatore Sodio-Glucosio 2 (SGLT2i) o gliflozine rappresentano i farmaci più innovativi nel trattamento del Diabete Mellito di tipo 2. Sono attualmente disponibili quattro molecole: Canagliflozin, Dapagliflozin, Empagliflozin and Ertugliflozin. La loro azione è basata sul blocco del Costrasportatore Sodio-Glucosio 2, che aumenta l’escrezione renale di glucosio, con conseguente natriuresi e diuresi, proporzionali ai livelli di glicemia plasmatica, ma indipendenti dall’azione insulinica. Il principale effetto collaterale è l’aumentata incidenza di infezioni del tratto urogenitale. Le gliflozine hanno mostrato straordinari benefici nei grandi trials di outcome cardiovascolare in pazienti con documentata malattia cardiovascolare o multipli fattori di rischio, con una riduzione significativa delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Questo effetto è stato confermato anche in pazienti affetti da scompenso cardiaco, con e senza diabete, collocando gli SGLT2i nell’armamentario terapeutico dei pazienti con insufficienza cardiaca. Diverse teorie sono state proposte per spiegare gli effetti benefici cardiovascolari degli SGLT2i eppure il preciso meccanismo d’azione non è ancora ben definito.


2018 ◽  
Vol 24 (2) ◽  
pp. 6-8
Author(s):  
A. Lacquaniti ◽  
M. Buemi

La nefropatia da contrasto (CIN) rappresenta oggi la terza causa di insufficienza renale acuta (AKI) in pazienti ospedalizzati, condizione da ricondurre a un incremento dei pazienti che si sottopongono a procedure radiologiche interventistiche richiedenti la somministrazione intravascolare di mezzi di contrasto iodati (ICM). Bisogna inoltre considerare un incremento di soggetti con fattori di rischio quali l'età avanzata, una preesistente patologia renale, scompenso cardiaco, infarto del miocardio, diabete mellito. Si considera CIN la presenza di un incremento assoluto (= 0.5mg/dL) e relativo (= 25%), rispetto ai valori basali, della creatinina sierica (sCreat) a 48–72 ore dall'esposizione dell'ICM. È noto però come in pazienti con variazioni acute del filtrato glomerulare (GFR), sCreat è un marker dotato di poca sensibilità e specificità diagnostica. Infatti, il 25–50% dell'incremento della creatinina, con alto valore predittivo di CIN, si verifica più frequentemente solo 24 ore dopo la somministrazione dell'ICM. Negli ultimi anni, sono stati condotti studi non solo al fine di identificare nuovi biomarcatori, ma anche per valutare eventuali strategie terapeutiche preventive. La somministrazione endovenosa di soluzione salina allo 0.9% è ampiamente accettata come terapia profilattica di CIN. Diversi sono inoltre gli studi condotti che prevedono la somministrazione di bicarbonato di sodio o di N-acetilcisteina (NAC). Purtroppo molti studi mancano di potenza statistica o sono basati su diverse definizioni di CIN. Ciò ha determinato la mancanza di linee guida universali accettate dai radiologi, nefrologi, cardiologi o da altre figure professionali coinvolte. Sono quindi necessari ulteriori studi al fine di validare i risultati sino ad ora ottenuti, specie utilizzando marcatori dotati di maggiore potere diagnostico e prognostico rispetto alla creatinina sierica, quali NGAL, Cistatina C e KIM-1.


1998 ◽  
Vol 10 (3) ◽  
pp. 18-21
Author(s):  
L. Di Maria ◽  
L. Moscarelli ◽  
M. Zanazzi ◽  
A. Rosati ◽  
E. Bertoni ◽  
...  

2015 ◽  
Vol 4 (1) ◽  
Author(s):  
L. Fubini ◽  
O. Pasqualini ◽  
L. Gilardi ◽  
M. Marino ◽  
S. Santoro

Introduzione: La narrazione della dinamica infortunistica è fondamentale per l’analisi eziologica e l’identificazione di strategie per gli interventi preventivi. L’obiettivo è stato sperimentare l’utilità di un sistema di raccolta di storie sulla capacità di comunicarle con un metodo di trasferimento delle evidenze basato sulla narrazione. Metodologia: Gli operatori dei SPreSAL sono stati arruolati mediante laboratori volti a individuare gli infortuni, adottare una scrittura efficace, identificare gli elementi chiave. Risultati: Hanno aderito 43 operatori SPreSAL. Sono state raccolte e pubblicate sul sito Dors 33 storie. Conclusione: La sperimentazione ha dimostrato come la narrazione permetta di interpretare gli infortuni dando un senso che consente di ampliare la visione dei fattori di rischio e migliorare le indicazioni per la prevenzione.


2020 ◽  
pp. 163-166
Author(s):  
Elena Coletti Moia

Prima di iniziare una terapia oncologica potenzialmente cardiotossica è importante una valutazione cardiologica basale; essa può essere eseguita da un cardio-oncologo ma spesso in realtà viene attuata dal cardiologo ambulatoriale. La valutazione basale serve a identificare il profilo di rischio cardiovascolare del paziente, a correggere i fattori di rischio modificabili e, nel paziente cardiopatico noto, ad ottimizzare il trattamento. La correzione dei fattori di rischio come ipertensione arteriosa e dislipidemia richiede un adeguato approccio farmacologico ma per abbattere il più possibile il rischio, il paziente deve adottare una correzione dello stile di vita con misure comportamentali come l’interruzione del fumo, l’esercizio fisico ed una adeguata alimentazione. Il paziente con disfunzione ventricolare sinistra o cardiopatia ischemica deve essere valutato con test che permettano di rilevare l’entità del problema e poi intraprendere una terapia la cui scelta ed aderenza va considerata anche in base alle possibili interferenze con i farmaci oncologici.


2020 ◽  
pp. 187-190
Author(s):  
Giorgio Locci

I farmaci che inibiscono il Vascular Endothelian Growth Factor (Anti VEGF) hanno come effetto collaterale l’Iper-tensione Arteriosa fino a circa il 40% dei casi. Questo effetto sembra favorito dalla riduzione della densità dei capillari e delle arteriole, dal blocco della NO-sintetasi e dall’aumento di Endotelina, che determina un’alterazione dell’equi-librio tra vasodilatazione e vasocostrizione a favore di quest’ultima; essi inoltre possono determinare fenomeni trombotici con ischemia miocardica e, anche se raramente, scompenso cardiaco. Nei pazienti trattati con questi farmaci bisogna fare una Stratificazione del Rischio Cardiovascolare a 10 anni applicando la tabella dello SCORE come indicato nelle Linee Guida Europee ESC/ESH 2018. Per la terapia mirata anti-ipertensiva si possono usare i Beta bloccanti, gli Ace-Inibitori, i Sartani ed i Calcio antagonisti diidropiridinici. Mentre sono da evitare i calcio-antagonisti non diidro-piridinici come il Diltiazem ed il Verapamil per la loro Interferenza con il Citocromo p450. I diuretici vanno sconsigliati per gli effetti sull’equilibrio idroelettrolitico spesso compromesso in molti pazienti neoplastici.


2021 ◽  
Vol 29 (1) ◽  
pp. 16-22
Author(s):  
Jacopo Lomi ◽  
Alessio Montereggi ◽  
Alessio Mattesini ◽  
Giorgio Baldereschi ◽  
Marco Ciardetti ◽  
...  

Introduzione. L’ipertensione arteriosa resistente è correlata ad un alto rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), e non tutti i pazienti sono in grado di tollerare le terapie, o di ottenere una risposta adeguata a causa di una risposta incompleta ai farmaci o di una ridotta aderenza alla terapia. La denervazione renale transcatetere è un trattamento non farmacologico che potrebbe migliorare il controllo dell’ipertensione resistente. Ad oggi la sua applicazione clinica è limitata dai risultati contrastanti degli studi eseguiti per verificarne l’efficacia. Scopo. Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare l’efficacia a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (IA) resistente. Si sono ricercati inoltre criteri preoperatori predittivi di efficacia della procedura, confrontando vari sottogruppi di pazienti, e considerando le diverse tecniche esecutive (cateteri unipolari, cateteri multipolari o a palloncino). Metodi e risultati. In questo studio multicentrico sono stati coinvolti 38 pazienti con un’età media di 61,2 anni trattati con denervazione renale transcatetere tra luglio 2012 e dicembre 2018 in cinque centri toscani: Azienda Ospedaliero- Universitaria Careggi (Firenze), Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica – CNR Regione Toscana (Pisa) ed Ospedale di Lucca. Sono stati registrati i dettagli tecnici delle procedure di denervazione e le immagini acquisite tramite procedure diagnostiche in preparazione agli interventi e durante il loro svolgimento. L’efficacia della procedura è stata valutata con un follow-up clinico medio di 5,1 anni e con un follow-up strumentale con 24h ABPM di un anno. Inoltre, durante il follow-up, prolungato fino a settembre 2019, sono state eseguite misurazioni della funzionalità renale e sono state registrate le modifiche della terapia farmacologica fino a 7 anni dall’intervento mediante consultazione delle cartelle cliniche ed interviste ai pazienti. In seguito alla denervazione renale, sono state rilevate diminuzioni statisticamente significative dei valori di PA sistolica (– 10,7 ± 6,0 mmHg) e diastolica (5,3 ± 3,9 mmHg) al 24h ABPM. Inoltre, è stata osservata una diminuzione significativa della terapia farmacologica antiipertensiva (-1,2 farmaci). Non si sono verificate complicanze correlate alla procedura, ad eccezione di due lievi ematomi nel sito di accesso femorale. Non sono state rilevate differenze significative di efficacia analizzando i pazienti in base alla tipologia di catetere utilizzato per l’intervento, all’età, al sesso ed alla presenza di diabete mellito. Conclusioni. I risultati di questo studio confermano l’efficacia e la sicurezza a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’IA resistente. Non sono state individuati parametri clinici o procedurali per identificare pazienti più o meno responsivi alla terapia.


Author(s):  
Vania Valoriani ◽  
Serena Vaiani ◽  
maria Gabriella Ferrari

Questo studio longitudinale ha valutato 33 madri dal 3° trimestre di gravidanza ai 3 mesi circa dal parto. Il campione fa parte di un piů ampio studio sulla transizione alla genitorialitŕ, dal quale sono state selezionate le donne con una relazione stabile con il partner e un buon supporto sociale percepito per poter escludere fattori di rischio psicosociale, che non riportavano precedenti disturbi psichiatrici, gravidanza fisiologica e bambini nati sani e a termine. In gravidanza č stato valutato il tono dell'umore materno, la soddisfazione nella relazione di coppia e i sintomi psichiatrici life-time. A circa 3 mesi dal parto il protocollo comprendeva la videoregistrazione dell'interazione con il bambino secondo la metodica del Global Rating Scale (GRS), il retest della scala per la depressione e un'intervista sul contesto emotivo della maternitŕ con riferimento all'andamento e alla soddisfazione nell'esperienza di allattamento. I risultati hanno evidenziato correlazioni negative fra segni di depressione della madre dopo il parto e la scala della sensibilitŕ del GRS, cosě come la qualitŕ del supporto del partner č apparsa correlata con le problematiche relative all'esperienza di allattamento e a piů evidenti sintomi depressivi. La comunicazione nell'interazione dei bambini che avevano avuto un allattamento problematico, o lo avevano giŕ interrotto o mai iniziato, č risultato piů povera nelle scale del GRS. I risultati confermano l'ipotesi che la relazione di allattamento possa essere un fattore protettivo nello sviluppo di competenze in- fantili, come dimostrato dai bambini durante l'interazione con la madre, nel senso di maggior capacitŕ di elicitare risposte positive nella madre.


2012 ◽  
pp. 29-40
Author(s):  
Elisa Salvi ◽  
Vincenzo Guideti ◽  
Andrea Lo Noce

Lo scopo di questo studio e stato quello di indagare il rapporto tra cefalea, temperamento, e comportamento in un campione di bambini reclutati presso gli ambulatori di Neuropsichiatria di Roma. Si tratta di 150 bambini, 90 maschi e 60 femmine, di eta compresa tra i 6-11 anni, durante il 2011-2012. I problemi di comportamento sono stati valutati attraverso la Child Behaviour Check List (CBCL) e le dimensioni temperamento attraverso il "Questionario Italiano del Temperamento" (QUIT). QUIT e CBCL sono state somministrate ai genitori dei bambini. La diagnosi e stata effettuata in base ai criteri della Classificazione Internazionale della Cefalea (ICHD II). Emicrania e cefalea tensiva hanno mostrato punteggi simili per quanto riguarda le scale principali della CBCL, con differenze significative nella scale dei problemi internalizzanti, dove hanno riportato punteggi peggiori i bambini con cefalea tensiva, e in quella dei problemi esternalizzanti punteggi peggiori per i soggetti emicranici. La cefalea e uno dei sintomi neurologici piu comuni riportati durante l'infanzia, che porta ad alti livelli di assenze scolastiche e si associa a diverse patologie. In generale, emicrania e cefalea tensiva sono associate a depressione, disturbi d'ansia, e ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder). I risultati, confermati dalla letteratura, sembrano sostenere l'ipotesi che ci sia una relazione tra cefalea e comportamenti psicopatologici. Lo sviluppo di una psicopatologia in soggetti con determinati profili temperamentali non e una regola. Dobbiamo porre attenzione nel lavoro quotidiano ad identificare i soggetti a rischio, sia per temperamento o fattori ambientali. L'identificazione precoce di questi fattori di rischio potrebbe dare la possibilita di interventi precoci che potrebbero tenere i bambini lontani dalla patologia.


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