Il trattamento delle malformazioni artero-venose cerebrali

2002 ◽  
Vol 15 (1) ◽  
pp. 93-108
Author(s):  
C.A. Pagni ◽  
M. Fontanella ◽  
F. Nannucci ◽  
D. Garbossa ◽  
C. Cossandi ◽  
...  

Dal mese di Novembre 1991 all'Agosto 2001, 115 pazienti sono stati ricoverati per una Malformazione Artero-Venosa (MAV) presso la Clinica Neurochirurgica dell'Università di Torino. Novantaquattro pazienti su 115 (82%) sono stati ricoverati dopo un sanguinamento. Novantaquattro (82%, 82 sanguinanti, 11 non sanguinanti) sono stati sottoposti a vari trattamenti (chirurgico, endovascolare, radiochirurgico o associazioni dei precedenti). Risanguinamento: Nessuno dei 9 pazienti portatori di MAV non sanguinanti e non sottoposti a trattamento per varie ragioni, ha avuto un sanguinamento nel periodo di follow up di 1–10 anni. In 12 pazienti, su 94 che avevano già avuto una emorragia, abbiamo osservato il risanguinamento della MAV (13%). MAV sanguinanti: Sul totale di 82 pazienti trattati, 43 (53%) sono stati dimessi senza deficit neurologici, 19 (23%) con deficit minori, 11 (13%) con gravi deficit neurologici, 9 pazienti sono deceduti (11%). MAV non sanguinanti: Sul totale di 11 casi trattati, 8 sono stati dimessi senza deficit neurologici (73%), 2 casi con deficit minori (18%) e 1 paziente è deceduto (9%). Le tecniche di trattamento sono state variamente combinate. Il trattamento chirurgico è stato associato a buoni risultati nel 50% dei casi, con mortalità dell '8%. Malformazioni artero-venose sanguinanti: ogni tipo di trattamento di una MAV deve mirare alla sua completa esclusione. In generale il nostro comportamento nel trattamento di pazienti con MAV sanguinante è il seguente: - In caso di MAV superficiali, di volume inferiore a 25–30 cm3 e in aree non eloquenti, l'approccio è chirurgico. - In caso di MAV sulla faccia mesiale dell'emisfero o che interessano la regione del cingolo o il corpo calloso, l'esclusione della MAV può essere ottenuta con l'aggressione chirurgica diretta o con la radiochirurgia eventualmente preceduta da parziale embolizzazione. - Le MAV profonde para o intraventricolari o della testa del n. caudato o strio-capsulo-talamiche possono essere trattate chirurgicamente, ma di solito vengono sottoposte a radiochirurgia. - Le MAV in aree eloquenti, se piccole sono sottoposte a radiochirurgia, se di dimensioni maggiori sono dapprima sottoposte ad embolizzazione e successivamente a radiochirurgia. - Le MAV vicine ad aree eloquenti o che in parte le coinvolgono, ad esempio MAV parieto-occipitali corticali o cortico-sottocorticali sono di solito sottoposte a trattamento chirurgico, eventualmente preceduto da un trattamento endovascolare. Malformazioni artero-venose non sanguinanti: in linea generale le MAV di piccolo volume in aree non eloquenti vengono sottoposte al trattamento chirurgico. Se superano i 25–30 cm3 possono essere sottoposte a trattamento endovascolare e successivamente alla chirurgia. Le MAV superiori ai 25–30 cm3 in aree eloquenti, in particolare se irrorate da feeders profonde non vengono di solito sottoposte ad alcun trattamento.

2002 ◽  
Vol 15 (1) ◽  
pp. 129-136
Author(s):  
F. Colombo ◽  
U. Fornezza ◽  
L. Casentini

La irradiazione stereotassica in dose unica (radiochirurgia) è una tecnica che è stata sviluppata per consentire la somministrazione di una dose di radiazione elevata con precisione millimetrica su bersagli intracranici di piccole dimensioni. Da quando, nel 1982, abbiamo sviluppato una metodica radiochirurgica originale che impiega, come sorgente radiante, un acceleratore lineare da radioterapia, la tecnica è stata impiegata in oltre 1000 pazienti. La indicazione di gran lunga più frequente è rappresentata dalle malformazioni artero-venose cerebrali (565 casi). Scopo della relazione è presentare un aggiornamento della nostra esperienza. I sintomi di esordio erano rappresentati dall'emorragia in 388 (68.6%), dall'epilessia in 96, da deficit neurologici in 32, da cefalea in 22, da idrocefalo in 5, da una nevralgia trigeminale in 2 e da esoftalmo in 1. 196 pazienti avevano subito precedenti tentativi terapeutici. Le dimensioni massime delle lesioni trattate variano da 4 a 50 mm. Il follow-up varia da 1 a 195 mesi. La percentuale di obliterazione completa è 44% ad un anno e 71.8% (249 pazienti) a due anni. In 30 pazienti l'angiografia si è negativizzata dopo periodi piè lunghi, da 36 a 72 mesi. La irradiazione è stata ripetuta in 46 pazienti ottenendo la guarigione angiografica in 21. Aggiungendo questi ultimi, la obliterazione completa è stata ottenuta pertanto nell '86.4% dei pazienti seguiti. 8 pazienti non guariti sono stati successivamente operati e 19 sottoposti a trattamento endovascolare. 44 pazienti hanno presentato un episodio di emorragia cerebrale dopo il trattamento. 32 di questi avevano una storia di precedenti eventi emorragici. Nella nostra serie, le malformazioni più grandi sembrano essere più soggette a rottura di quanto lo siano quelle più piccole. Le conseguenze del sanguinamento sono state importanti: 8 pazienti sono deceduti (1.4%) e 7 sono stati sottoposti ad intervento d'urgenza per un ematoma con effetto massa. 28 (5%) pazienti hanno presentato complicanze attribuibili all'irradiazione. In tutti i casi la TAC con mezzo di contrasto e/o la RMN deponevano per un danno cerebrale da raggi con edema perilesionale. Un paziente ha sviluppato un tumore (istologia: glioblastoma) nella sede del trattamento 12 anni dopo l'irradiazione e 11 anni dopo la guarigione angiografica dell'angioma.


2021 ◽  
Vol 29 (1) ◽  
pp. 16-22
Author(s):  
Jacopo Lomi ◽  
Alessio Montereggi ◽  
Alessio Mattesini ◽  
Giorgio Baldereschi ◽  
Marco Ciardetti ◽  
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Introduzione. L’ipertensione arteriosa resistente è correlata ad un alto rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), e non tutti i pazienti sono in grado di tollerare le terapie, o di ottenere una risposta adeguata a causa di una risposta incompleta ai farmaci o di una ridotta aderenza alla terapia. La denervazione renale transcatetere è un trattamento non farmacologico che potrebbe migliorare il controllo dell’ipertensione resistente. Ad oggi la sua applicazione clinica è limitata dai risultati contrastanti degli studi eseguiti per verificarne l’efficacia. Scopo. Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare l’efficacia a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (IA) resistente. Si sono ricercati inoltre criteri preoperatori predittivi di efficacia della procedura, confrontando vari sottogruppi di pazienti, e considerando le diverse tecniche esecutive (cateteri unipolari, cateteri multipolari o a palloncino). Metodi e risultati. In questo studio multicentrico sono stati coinvolti 38 pazienti con un’età media di 61,2 anni trattati con denervazione renale transcatetere tra luglio 2012 e dicembre 2018 in cinque centri toscani: Azienda Ospedaliero- Universitaria Careggi (Firenze), Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica – CNR Regione Toscana (Pisa) ed Ospedale di Lucca. Sono stati registrati i dettagli tecnici delle procedure di denervazione e le immagini acquisite tramite procedure diagnostiche in preparazione agli interventi e durante il loro svolgimento. L’efficacia della procedura è stata valutata con un follow-up clinico medio di 5,1 anni e con un follow-up strumentale con 24h ABPM di un anno. Inoltre, durante il follow-up, prolungato fino a settembre 2019, sono state eseguite misurazioni della funzionalità renale e sono state registrate le modifiche della terapia farmacologica fino a 7 anni dall’intervento mediante consultazione delle cartelle cliniche ed interviste ai pazienti. In seguito alla denervazione renale, sono state rilevate diminuzioni statisticamente significative dei valori di PA sistolica (– 10,7 ± 6,0 mmHg) e diastolica (5,3 ± 3,9 mmHg) al 24h ABPM. Inoltre, è stata osservata una diminuzione significativa della terapia farmacologica antiipertensiva (-1,2 farmaci). Non si sono verificate complicanze correlate alla procedura, ad eccezione di due lievi ematomi nel sito di accesso femorale. Non sono state rilevate differenze significative di efficacia analizzando i pazienti in base alla tipologia di catetere utilizzato per l’intervento, all’età, al sesso ed alla presenza di diabete mellito. Conclusioni. I risultati di questo studio confermano l’efficacia e la sicurezza a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’IA resistente. Non sono state individuati parametri clinici o procedurali per identificare pazienti più o meno responsivi alla terapia.


2017 ◽  
Vol 37 (4) ◽  
pp. 320-327
Author(s):  
P.A. Oddon ◽  
M. Montava ◽  
F. Salburgo ◽  
M. Collin ◽  
C. Vercasson ◽  
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L’obiettivo di questo lavoro è stato di valutare la storia naturale di crescita degli schwannomi vestibolari (VS), la qualità di vita di quelli trattati in maniera conservativa e di validare una scala specifica per tale malattia in lingua francese, Penn Acoustic Neuroma Quality-of- Life (PANQOL). Sono stati studiati retrospettivamente 26 pazienti con VS trattato in maniera conservativa. Sono state raccolte le caratteristiche dei pazienti e i reperti radiologici, e sono state utilizzate due scale per validare valutare la qualità di vita: la Short Form-36 Health Survey (SF-36) e la PANQOL scale, tradotta in francese. I punteggi ottenuti sono stati comparati con gli studi precedenti. Il tempo medio di follow up è stato di 25 mesi (range 6-72). È stata osservato un accrescimento del tumore in 14 pazienti (53,8%), nessun accrescimento in 12 pazienti (46,2%), e non si è verificata nessuna riduzione. La crescita media del tumore è stata di 2,22 mm/anno, e non sono stati individuati fattori predittivi di crescita. I pazienti con vertigini e instabilità hanno riferito una più bassa qualità di vita, sia secondo la scala SF-36, sia secondo la scala PANQOL. Utilizzando la scala SF-36, i nostri risultati si sono rivelati paragonabili a quelli della letteratura. Utilizzando la scala PANQOL, i nostri punteggi non si sono rivelati statisticamente diversi da quelli derivanti da studi tedeschi e nordamericani, ad eccezione di quelli riguardanti l’udito (p=0,019). La qualità di vita diventa sempre più importante nella gestione dei VS. In linea con questi risultati, noi sosteniamo la strategia non conservativa associata ad una riabilitazione vestibolare per quei pazienti con vertigini ed instabilità. La scala PANQOL, disponibile in lingua francese, si è rivelata specifica per i VS.


2015 ◽  
Vol 35 (6) ◽  
pp. 371-378
Author(s):  
A. BOLZONI ◽  
A. MAPELLI ◽  
A. BAJ ◽  
F.V. SIDEQUERSKY ◽  
A.B. GIANNÌ ◽  
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Keyword(s):  
Z Score ◽  

In questo studio sono stati analizzati sette pazienti a cui è stata ricostruita la mandibola utilizzando un lembo libero di fibula. Un paziente è stato operato medialmente e gli altri sul lato destro o sinistro. I pazienti sono stati riabilitati con protesi su impianti, ed hanno eseguito una serie di movimenti limite mandibolari (massima apertura e chiusura della bocca, laterotrusioni destra e sinistra, protrusione), che sono stati registrati nelle tre dimensioni dello spazio da un sistema non invasivo di analisi del movimento. I relativi parametri cinematici dell’articolazione temporomandibolare sono stati confrontati con quelli ottenuti in un gruppo di soggetti sani di controllo utilizzando gli z-score. La massima apertura della bocca è risultata ridotta in tutti i pazienti, con z-scores compresi tra -2.742 e -0.106, ed è stata effettuata con una minore rotazione mandibolare sul piano sagittale. In tutti i pazienti salvo uno si è rilevata una riduzione del movimento del punto interincisale durante la protrusione. Nei pazienti, i movimenti del punto interincisivo in laterotrusione e i movimenti condilari durante l’apertura della bocca sono risultati molto variabili e talvolta asimmetrici. Anche la rotazione mandibolare è risultata molto variabile, con z-scores compresi tra -1.265 e - 1.388. Insieme all’ampiezza dei movimenti, sono state indagate alcune caratteristiche biomeccaniche dell’articolazione, che possono fornire informazioni relativamente ai capi articolari senza sottomettere i pazienti a procedure pericolose. Le valutazioni possono essere eseguite longitudinalmente durante il follow-up. I dati forniti da questo studio indicano quali aree facciali e quali strutture devono essere attentamente valutate durante la pianificazione preoperatoria, nell’illustrazione dei problemi al paziente e durante la riabilitazione.


2016 ◽  
Vol 36 (4) ◽  
pp. 275-281
Author(s):  
F. Solmaz ◽  
D. Akduman ◽  
M. Haksever ◽  
E. Gündoğdu ◽  
M. Yanılmaz ◽  
...  
Keyword(s):  

La cartilagine rappresenta una delle opzioni più interessanti per il confezionamento dell'innesto nella timpanoplastica (TPL). Col presente studio presentiamo i nostri risultati audiologici e il rate di attecchimento nei casi di TPL trattati con innesto di cartilagine con pericondrio (PACIT). Sono stati analizzati, in termini di tipo di chirurgia effettuata, attecchimento dell'innesto e risultati audiologici, 194 orecchi di 191 pazienti (108 maschi, 83 donne). Sono state effettuate 127 (65,46%) TPL tipo I, 45 (23,20%) tipo II e 22 (11,34%) tipo III. Il gap medio fra via aerea e via ossea all'audiometria tonale preoperatoria è stato rispettivamente 33,74 ± 9,60, 52,58 ± 9,07, e 56,58 ± 10,27 dB HL; i valori nel postoperatorio sono stai invece 18,55 ± 9,25, 31,21 ± 4,36, and 44,84 ± 12,45 dB HL. Nel postoperatorio di è registrato un miglioramento della soglia (≥ 10dB) nel 76,81% degli orecchi valutati, con un recupero medio di 20 dB HL (range 10-40 dB). Tuttavia il 19,07% degli orecchi valutati non ha mostrato un miglioramento della soglia uditiva, e il 4,12% ha manifestato un peggioramento della soglia. L'innesto ha attecchito correttamente nel 91,24% dei casi con follow-up di almeno 13 mesi con una media di 68,64 mesi, mentre si è registrato un fallimento nel 8,76% dei casi. In considerazione dei livelli postoperatori della soglia uditiva e dell'elevato rate di attecchimenti registrato, il presente studio ha evidenziato l'efficacia a lungo termine dell'innesto di cartilagine con pericondrio.


2002 ◽  
Vol 15 (1) ◽  
pp. 69-84
Author(s):  
S. Perini ◽  
F. Causin ◽  
L. Castellan

Il trattamento endovascolare con colla acrilica o altri agenti embolizzanti viene utilizzato con vantaggio nella terapia delle MAV encefaliche da oltre vent'anni. Oggi rappresenta, per lo più, la fase preliminare alla micro-chirurgia o alla radio-chirurgia stereotassica con soddisfacente risultato terapeutico anche nelle malformazioni localizzate in sede eloquente o critica. L'embolizzazione praticata come unico atto terapeutico volto alla guarigione della MAV è sensibilmente meno efficace della terapia combinata. Le percentuali di occlusione completa e definitiva del “nidus” riportate in letteratura non sono omogenee ed oscillano per lo più tra il 10% e il 20% dei casi. Dal 1993 ad oggi sono stati sottoposti a trattamento endovascolare 138 pazienti: di questi, 37 (27%) sono stati sottoposti ad embolizzazione come unico gesto terapeutico. L'occlusione completa e definitiva del nido angiomatoso con la sola iniezione di colla acrilica è stata ottenuta in 16 su 138 casi (11.5%). L'incidenza delle complicanze riscontrate nella nostra serie è stata del 23%, quasi completamente riferibile al trattamento delle malformazioni situate in area eloquente o critica. Non sono state riscontrate complicanze mortali. Sulla base dei nostri risultati sembrano importanti le seguenti considerazioni riguardanti l'efficacia, le complicanze e le indicazioni della metodica. L'occlusione completa e definitiva del “nidus” di una MAV dopo embolizzazione rappresenta tutt'ora, dopo oltre vent'anni dalla introduzione della tecnica, un'evenienza piuttosto rara legata a circostanze non completamente prevedibili. L'emorragia rappresenta l'evenienza più grave conseguente alla embolizzazione e rappresenta la causa principale della maggior parte dei deficit neurologici gravi riscontrati sia durante il trattamento sia nei giorni successivi. Sulla base dei dati della letteratura e da quelli emersi dalla nostra casistica non è stato possibile stabilire indicazioni certe al trattamento con la sola embolizzazione. Esistono, invece, condizioni cliniche e morfologiche che sconsigliano la chirurgia o la radio-chirurgia e quindi anche il trattamento combinato.


1989 ◽  
Vol 2 (2) ◽  
pp. 113-124 ◽  
Author(s):  
F. Triulzi ◽  
M. Machado ◽  
A. Righi ◽  
G. Scotti

Vengono riportati 11 casi di agenesia parziale o totale del corpo calloso studiati mediante risonanza magnetica in un arco di tre anni. Sono state valutate le anomalie congenite del corpo calloso e le eventuali ulteriori anomalie encefaliche ad esso associate. I risultati ottenuti dallo studio RM sono stati correlati con il quadro clinico, evidenziando una particolare rilevanza clinica di anomalie in strutture strettamente correlate al corpo calloso quali la sostanza bianca profonda ed il sistema limbico. La RM si è dimostrata di fondamentale importanza sia nella valutazione delle anomalie del corpo calloso, sia nel delineare le correlazioni anatomiche fra corpo calloso malformato e strutture ad esso correlate.


Author(s):  
Antônio Nelson Alencar de Araújo ◽  
Marcos Alexandre Casimiro de Oliveira

Introduzione: L’obesità patologica è caratterizzata da uno stato di insulino-resistenza ed è spesso associata alla sindrome metabolica, aumentando la mortalità generale e cardiovascolare. A causa dei risultati insoddisfacenti nel trattamento convenzionale in specifici gruppi di pazienti, l’intervento invasivo è un’alternativa. Tuttavia, può essere indicato, soprattutto in situazioni in cui il paziente ha grave obesità o obesità morbosa. Obiettivo: Il presente studio mira a valutare i cambiamenti nei parametri della sindrome metabolica dopo la chirurgia bariatrica. Metodologia: Si tratta di una revisione integrativa della letteratura eseguita attraverso ricerche nei database Scielo, LILACS e PUBMED utilizzando i seguenti descrittori di scienze della salute controllate (DeCS): Chirurgia bariatrica, bypass gastrico, obesità e sindrome metabolica. I criteri di inclusione erano: articoli in inglese o portoghese, testo per intero, pubblicazioni nel periodo 2009-2019 in formato articolo che ha affrontato il tema descritto. Sono state escluse le pubblicazioni duplicate, gli articoli che non hanno approfondito il tema dopo aver letto i rispettivi abstract e articoli che non soddisfano gli obiettivi di questo studio. Risultati: Secondo l’analisi dei risultati, è stata osservata una riduzione dell’86,1% nella prevalenza della sindrome metabolica; 65,3% nell’ipertensione arteriosa e 84,2% nella glicemia a digiuno alterata. Si può osservare una normalizzazione della circonferenza addominale nel 35,4% dei pazienti, un aumento del 35,8% nei livelli di HDL e alti valori di trigliceridi. Tra i risultati ottenuti, l’aumento di HDL non ha ottenuto grande rilevanza, così come la diminuzione della circonferenza addominale. Conclusione: Lo studio ha mostrato una relazione positiva tra la chirurgia bariatrica e i parametri della sindrome metabolica. I risultati presentati sono stati favorevoli quando la chirurgia è stata associata a uno stile di vita sano e fattori che contribuiscono alla gestione efficace di questa condizione nella maggior parte dei casi analizzati. Tuttavia, il follow-up multiprofessionale, in particolare per le cure mediche, nutrizionali e psicologiche, è essenziale per avere un impatto positivo sulla qualità della vita di questi pazienti.


2016 ◽  
Vol 36 (2) ◽  
pp. 85-90
Author(s):  
G. CRISTALLI ◽  
G. MERCANTE ◽  
L. MARUCCI ◽  
A. SORIANI ◽  
S. TELERA ◽  
...  

Obiettivo dello studio è stato quello di valutare la sicurezza, l’efficacia e i risultati funzionali della radioterapia intraoperatoria (IORT) seguita dalla radioterapia a intensità modulata (IMRT) nel trattamento di tumori maligni avanzati estesi all’orecchio medio. Sono stati inclusi nello studio in modo retrospettivo 13 pazienti consecutive affetti da tumore dell’orecchio esterno esteso all’orecchio medio. Il follow-up è stato in media di 33 mesi (range 6-133). Cinque pazienti (38%) erano di stadio III e 8 pazienti (62%) erano di stadio IV secondo la classificazione dell’Università di Pittsburgh. Una petrosectomia laterale (LTBR) è stata eseguita in tutti i pazienti, la LTBR è stata associata a parotidectomia in 5 (38%) casi e a svuotamento latero-cervicale associato a parotidectomia in 6 (46%) casi. In tutti i casi si è effettuata asportazione della malattia macroscopicamente evidente. Il trattamento chirurgico è stato completato da IORT (12 Gy) e IMRT (50Gy). Chemioterapia adiuvante è stata eseguita in 4 (30%) casi. Test audiometrici pre- e post-operatori sono stati eseguiti per valutare la perdita uditiva. Il tasso di controllo di malattia locale (LC) a 5 anni, di metastasi a distanza (DM) a 5 anni, la sopravvivenza libera da malattia (DFS) e la sopravvivenza globale (OS) a 5 anni sono state calcolate con il metodo di Kaplan-Meyer. Variazioni significative nella conduzione per via ossea sono state osservate dopo trattamento. Una necrosi parziale del lembo di ricostruzione è stata l’unica complicanza precoce osservata in 3(23%) casi, mentre una fistola meningea è stata osservata in un solo caso (7,6%) come complicanza tardiva. Il tasso di LC è stato del 68%. Il tasso di DM è stato del 90%. Il tasso di DFS è stato del 61%. Il tasso di OS è stato del 69%. La IORT seguita dalla IMRT nel trattamento dei tumori maligni avanzati dell’orecchio esterno e medio sembra essere sicuro. Nel nostro studio non sono riportati morti. La IORT può ridurre la dose di radioterapia postoperatoria a livello del tessuto residuo ottenendo la medesima dose a livello della sede del tumore. Non abbiamo osservato alcuna complicanza a livello dell’orecchio esterno residuo, mentre si è notato un peggioramento dell’udito anche a livello neurosensoriale. Sono necessari studi prospettici al fine di confermare quanto da noi osservato.


1989 ◽  
Vol 2 (1_suppl) ◽  
pp. 131-137
Author(s):  
G. Lucarelli ◽  
M. Fornari ◽  
G. Oliveri ◽  
M. Bracchi
Keyword(s):  

In un periodo di 6 anni (1982–1988) 610 pazienti con ernia discale lombare sono stati operati con tecnica di microdiscectomia. L'81% dei pazienti aveva età compresa tra i 30 ed i 60 anni con un picco massimo di incidenza nella quinta decade di vita. Nel 94% dei casi è stato operato un solo disco monolateralmente, nell'1,6% un disco solo bilateralmente, nel 4,6% 2 dischi contigui omolateralmente, nello 0,3% dei casi ernie recidive. Net 96% circa dei casi i dischi coinvolti erano il IV ed il V disco lombare, mentre solo nel 4% circa dei casi si trattava del III o del II disco lombare. In nessun caso sono esitati deficit neurologici aggiuntivi all'intervento e le complicanze sono state estremamente limitate (infezione di ferita nel 0,3%; discite nel 0,4%, fissurazioni durali nel 1,6%). Al follow-up clinico a distanza (durata media superiore ai 2 anni) in 572 casi il risultato clinico è stato considerato buono o ottimo (94%), in 28 casi è stato considerato discreto (4,5%), in 10 casi è stato considerato insoddisfacente (1,5%). In nessun caso i dolori residui avevano comunque carattere invalidante Undici pazienti (1,8%) sono stati rioperati per recidiva all'ernia. Vengono sottolineati i vantaggi della tecnica di microdiscectomia, che può consentire, estendento l'incisione cutanea a circa 4 cm, anche l'esposizione di due radici contigue come net caso di ernie intraforaminali. Grazie a questa tecnica è inoltre possibile il massimo rispetto delle radici spinali e del tessuto epidurale (in particolare di quello adiposo) così da poter ridurre l'incidenza della cosidetta failed disk syndrome, responsabile della gran parte degli insuccessi.


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