scholarly journals Follow up cardiologico a lungo termine post terapia oncologica potenzialmente cardiotossica

2020 ◽  
pp. 179-182
Author(s):  
Iris Parrini

I pazienti guariti dal cancro hanno un rischio maggiore di eventi cardiovascolari tardivi dopo un trattamento con chemioterapia e/o radioterapia. L’attuale terapia oncologica comprende molteplici agenti i cui effetti cardiaci avversi possono essere additivi o sinergici. La disfunzione cardiaca può essere irreversibile e derivare da agenti come le an-tracicline, o da agenti che sembrano influenzare transitoriamente la contrattilità ventricolare sinistra come il trastu-zumab. La cardiotossicità da radioterapia può indurre un danno miocardico, malattia coronarica, valvulopatie e coinvolgi-mento del pericardio con una latenza di 10-20 anni. Inoltre, numerosi farmaci come il cisplatino, gli inibitori dell’aromatasi e la terapia anti-androgenetica aumentano i fattori di rischio coronarico incrementando il rischio di infarto miocardico e stroke. Una attenta modifica dello stile di vita, un trattamento aggressivo dei fattori di rischio coronarico e una adeguata modalità di sorveglianza è determinante nel ridurre le complicanze cardiovascolari e la mortalità.

2013 ◽  
Vol 25 (4_suppl) ◽  
pp. S37-S40
Author(s):  
Maria Grazia Zenti

La vasculopatia periferica (PAD) rappresenta una delle manifestazioni cliniche della malattia arteriosclerotica sistemica. I fattori di rischio per la PAD sono gli stessi della malattia coronarica (CAD): età, sesso maschile, fumo di sigaretta, dislipidemia e ipertensione arteriosa. Le comuni tecniche di rivascolarizzazione risultano inefficaci in una larga porzione di pazienti diabetici e in pazienti in trattamento emodialitico cronico. Inoltre, l'associazione di macro e microangiopatia con la neuropatia del paziente diabetico favorisce lo sviluppo di ulcere (piede diabetico). La LDL-aferesi (LA) oltre alla riduzione del colesterolo determina anche una serie di effetti pleiotropici (riduzione di sostanze protrombotiche e pro-inflammatorie, modificazioni Teologiche, miglioramento della funzione endoteliale), che promuovono la funzione del microcircolo con un aumento della perfusione dei tessuti periferici oltre che del microcircolo coronarico. In alcuni studi osservazionali e case-report la LA è stata utilizzata come opzione terapeutica nei pazienti con PAD. Tuttavia, le attuali evidenze non ci permettono di arrivare a conclusioni definitive sul ruolo della LA nella PAD, essendo necessari studi clinici con una maggiore casistica, con precisi criteri di inclusione e con un adeguato follow -up. Lo Studio Italiano, Randomizzato, Controllato, Multicentrico e Prospettico: “La LDL-aferesi nel trattamento del Piede Diabetico Ischemico Error! Hyperlink reference not valid. Identifier: NCT01518205; HELP-Apheresis in Diabetic Ischemic Foot Treatment, HADIF) si propone di definire se la LA possa essere una valida opzione terapeutica in questi pazienti a elevato rischio di amputazione.


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Le infezioni del sito chirurgico rappresentano in Italia mediamente il 20% di tutte le infezioni ospedaliere. Dal momento che esse comportano un danno per la salute dei pazienti e rilevanti implicazioni economiche per il sistema sanitario, si impone la necessitŕ di ridurne la frequenza. La sorveglianza in Ospedale si č dimostrata uno strumento efficace nel ridurre la frequenza di infezioni ospedaliere (NNIS, USA, 2000). Per questo motivo numerose sono le raccomandazioni per la loro identificazione, classificazione e prevenzione. Nel Presidio Ospedaliero Centro Fondi-Terracina vengono sottoposti ad intervento chirurgico circa 4.000 pazienti all'anno, e per tale motivo si č reso necessario un sistema di sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico, comprendente anche il periodo di follow up, per evitare quanto piů possibile le complicanze ad esse correlate. L'obiettivo generale dello studio č quello di valutare l'incidenza di ISS presso le UUOO chirurgiche, identificando i principali fattori di rischio e implementando misure preventive assistenziali efficaci.


2017 ◽  
Vol 37 (4) ◽  
pp. 303-307
Author(s):  
C. Zhang ◽  
X. Ding ◽  
Y. Lu ◽  
L. Hu ◽  
G. Hu

Lo scopo del presente studio è stato quello di chiarire i fattori di rischio della rinoliquorrea a seguito di un approccio transfenoidale e di discuterne la prevenzione e il trattamento. Abbiamo revisionato retrospettivamente 474 casi consecutivi di adenoma ipofisario trattati con 485 procedure chirurgiche per via transfenoidale da Gennaio 2008 a Dicembre 2011 nel nostro dipartimento. Abbiamo analizzato l’incidenza di fuoriuscita di liquor cefalorachidiano intraoperatoriamente e nel postoperatorio, e la riuscita di varie strategie di riparazione. Abbiamo riscontrato fuoriuscita di liquor intraoperatoriamente in 85 casi (17.9%) e postoperatoriamente in 13 casi (2.7%). Sette dei 13 pazienti con rinoliquorrea postoperatoria non avevano mostrato fuoriuscita di liquor intraoperatoriamente; tre di questi pazienti avevano adenomi secernenti ADH. Dei rimanenti 6 pazienti con fuoriuscita di liquor sia intra che postoperatoria, 2 erano stati trattati per prolattinoma gigante e invasivo e 2 erano già stati sottoposti in passato a chirurgia trasnfenoidale. In 8 pazienti la fuoriuscita è stata risolta mediante puntura lombare, drenaggio lombare, riposo in posizione semi-reclinata o altri trattamenti conservativi. Due casi sono stati trattati mediante schiuma di gelatina e colla di fibrina utilizzando un approccio transfenoidale e due con grasso autologo e ricostruzione del pavimento della sella utilizzando un approccio transnasale endoscopico. Dopo essere stato sottoposto a due tentativi di riparazione per via transasale, un paziente è stato trattato con successo mediante un ulteriore drenaggio subaracnoideo. In conclusone le procedure che fanno uso di schiuma di gelatina, colla di fibrina e impianti di grasso autologo sono efficaci ai fini del trattamento della rinoliquorrea postoperatoria in pazienti sottoposti a chirurgia transfenoidale. Quando viene rilevata una perdita di liquido cefalorachidiano in corso di chirurgia transfenoidale, un’appropriata ricostruzione del pavimento della sella e un follow up a lungo termine sono necessari.


2020 ◽  
pp. 163-166
Author(s):  
Elena Coletti Moia

Prima di iniziare una terapia oncologica potenzialmente cardiotossica è importante una valutazione cardiologica basale; essa può essere eseguita da un cardio-oncologo ma spesso in realtà viene attuata dal cardiologo ambulatoriale. La valutazione basale serve a identificare il profilo di rischio cardiovascolare del paziente, a correggere i fattori di rischio modificabili e, nel paziente cardiopatico noto, ad ottimizzare il trattamento. La correzione dei fattori di rischio come ipertensione arteriosa e dislipidemia richiede un adeguato approccio farmacologico ma per abbattere il più possibile il rischio, il paziente deve adottare una correzione dello stile di vita con misure comportamentali come l’interruzione del fumo, l’esercizio fisico ed una adeguata alimentazione. Il paziente con disfunzione ventricolare sinistra o cardiopatia ischemica deve essere valutato con test che permettano di rilevare l’entità del problema e poi intraprendere una terapia la cui scelta ed aderenza va considerata anche in base alle possibili interferenze con i farmaci oncologici.


2020 ◽  
pp. 191-194
Author(s):  
Alessandro Inno

La radioterapia toracica può determinare un ampio spettro di complicanze cardiovascolari a lungo termine (versamento pericardico, pericardite costrittiva con compromissione emodinamica, disfunzione diastolica progressiva, cardiomiopatia restrittiva con scompenso cardiaco, valvulopatie, coronaropatia, ipertensione polmonare, anomalie del sistema di conduzione e disfunzione autonomica). Malattie cardiovascolare pre-esistenti e fattori di rischio cardiovascolari possono aumentare il rischio di cardiotossicità da radioterapia. Il cardiologo dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nel follow-up a lungo termine allo scopo di correggere i fattori di rischio cardiovascolari, ottimizzare la terapia cardiologica nei pazienti con cardiopatia nota, eseguire indagini di screening nei pazienti asintomatici, avviare l’appropria


Author(s):  
Antônio Nelson Alencar de Araújo ◽  
Marcos Alexandre Casimiro de Oliveira

Introduzione: L’obesità patologica è caratterizzata da uno stato di insulino-resistenza ed è spesso associata alla sindrome metabolica, aumentando la mortalità generale e cardiovascolare. A causa dei risultati insoddisfacenti nel trattamento convenzionale in specifici gruppi di pazienti, l’intervento invasivo è un’alternativa. Tuttavia, può essere indicato, soprattutto in situazioni in cui il paziente ha grave obesità o obesità morbosa. Obiettivo: Il presente studio mira a valutare i cambiamenti nei parametri della sindrome metabolica dopo la chirurgia bariatrica. Metodologia: Si tratta di una revisione integrativa della letteratura eseguita attraverso ricerche nei database Scielo, LILACS e PUBMED utilizzando i seguenti descrittori di scienze della salute controllate (DeCS): Chirurgia bariatrica, bypass gastrico, obesità e sindrome metabolica. I criteri di inclusione erano: articoli in inglese o portoghese, testo per intero, pubblicazioni nel periodo 2009-2019 in formato articolo che ha affrontato il tema descritto. Sono state escluse le pubblicazioni duplicate, gli articoli che non hanno approfondito il tema dopo aver letto i rispettivi abstract e articoli che non soddisfano gli obiettivi di questo studio. Risultati: Secondo l’analisi dei risultati, è stata osservata una riduzione dell’86,1% nella prevalenza della sindrome metabolica; 65,3% nell’ipertensione arteriosa e 84,2% nella glicemia a digiuno alterata. Si può osservare una normalizzazione della circonferenza addominale nel 35,4% dei pazienti, un aumento del 35,8% nei livelli di HDL e alti valori di trigliceridi. Tra i risultati ottenuti, l’aumento di HDL non ha ottenuto grande rilevanza, così come la diminuzione della circonferenza addominale. Conclusione: Lo studio ha mostrato una relazione positiva tra la chirurgia bariatrica e i parametri della sindrome metabolica. I risultati presentati sono stati favorevoli quando la chirurgia è stata associata a uno stile di vita sano e fattori che contribuiscono alla gestione efficace di questa condizione nella maggior parte dei casi analizzati. Tuttavia, il follow-up multiprofessionale, in particolare per le cure mediche, nutrizionali e psicologiche, è essenziale per avere un impatto positivo sulla qualità della vita di questi pazienti.


2020 ◽  
pp. 167-169
Author(s):  
Riccardo Asteggiano
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Il Cardiologo Generale (CG) è coinvolto nella gestione del paziente oncologico con possibili complicanze cardiovascolari (CV) sia per motivi epidemiologici, che per la correzione dei fattori di rischio comuni alle malattie CV e al cancro, che per l’individuazione e la cura di effetti tossici della terapia oncologica, soprattutto nel Follow-Up (F-U) a lungo termine. Per un’ottimale gestione del paziente Cardio-Oncologico (C-O) è necessaria una profonda azione di insegnamento ed educazione all’argomento ed una pianificazione rigorosa dell’organizzazione dei servizi di C-O che prevedano anche l’inclusione del CG.


2014 ◽  
Vol 26 (4) ◽  
pp. 377-380
Author(s):  
Antonio Barracca

In questi anni ci troviamo di fronte a cambiamenti a cui non eravamo preparati, anche se, altrove, questi cambiamenti erano già stati affrontati. I costi sanitari stanno diventando progressivamente più alti e, per certi versi, insostenibili perché i cambiamenti demografici stanno portando a un progressivo invecchiamento della popolazione a causa di bassi tassi di natalità e dell'aspettativa di vita più lunga. Sempre più, però, la vita più lunga è vissuta in solitudine. A più risorse investite, quindi, non corrispondono i risultati di salute desiderati. L'invecchiamento della popolazione, il benessere che ha cancellato molte malattie e uno stile di vita sedentario che ne ha portato di nuove hanno aumentato sia le malattie degenerative che quelle cardiovascolari insieme ai tumori, con il collante di obesità e diabete. Per cui, più organi si ammalano, contemporaneamente, per gli stessi motivi e per gli stessi fattori di rischio. Quindi, bisogna iniziare ad aggregare culture mediche frammentate e a mettere l'uomo al centro delle cure. Dobbiamo riconoscere, dunque, che i modelli organizzativi devono adattarsi ai cambiamenti epidemiologici e che questi cambiamenti coinvolgono le professioni, medici e infermieri, cambiandone il ruolo, i poteri e le responsabilità e il modo di lavorare. Essi non dovranno più occuparsi solamente della cura degli organi ammalati, come hanno sempre fatto, ma sempre più dovranno prendersi cura di pazienti ammalati a più organi. (Clinical_Management)


2019 ◽  
Vol 3 (2) ◽  
Author(s):  
Alberto Garavello ◽  
Margherita Lo Ponte ◽  
Stefania Gilardi ◽  
Paola Fiamma ◽  
Massimo Tozzi

Nonostante i recenti progressi in tema di wound care, le ulcere varicose degli arti inferiori restano un problema frequente, con un alto tasso di recidiva. In questo lavoro abbiamo esaminato la storia clinica, la storia chirurgica e le patologie associate di 133 pazienti affetti da ulcera varicosa degli arti inferiori, di cui 56 da ulcera recidiva o plurirecidiva. L’analisi dei fattori di rischio potenziale per recidiva ha evidenziato come la presenza di varici recidive, una pregressa trombosi venosa profonda, problemi ortopedici, interventi ortopedici, l’obesità e un’età inferiore a 60 anni siano fattori di rischio potenziale per una recidiva dell’ulcera. La combinazione di uno più fattori di rischio assume significatività per la possibilità di una recidiva; si passa dal 22,7% in assenza di fattori di rischio al 33% per i pazienti che ne presentano due, fino al 57,5% in presenza di tre fattori di rischio e all’81,3% per quattro o più. L’ulcera varicosa richiede un follow-up stretto del paziente e una terapia elastocompressiva continua, che deve vedere una stretta collaborazione del paziente e un’attenzione specifica ai fattori di rischio. Despite recent advances in wound care, varicose ulcers of lower limbs remain frequent and display a high rate of recurrence. In this paper, we examined the clinical, surgical histories and associated diseases of 133 patients with venous ulcers of the lower limbs, which were recurrent in 56 cases. The analysis of potential risk factors for recurrence showed that the presence of recurrent varicose veins, a previous deep venous thrombosis, orthopedic problems, previous orthopedic procedures, obesity and age lower than 60 are potential risk factors for ulcer recurrence. Furthermore, the association of one or more risk factors increased the likelihood of relapse, from 22.7% with no risk factors to 33% with 2 risk factors, up to 57.5% with 3 risk factors, and up to 81.3% with 4 risk factors or more. Venous ulcers require close follow-up and continuous elastic compression, close collaboration by the patient and specific focus on risk factors.


Author(s):  
Kauê de Melo Souza ◽  
Lucas Facco ◽  
Amanda Alves Fecury ◽  
Maria Helena Mendonça de Araújo ◽  
Euzébio de Oliveira ◽  
...  

Il diabete mellito è un susseguirsi di diversi tipi di disturbi nel metabolismo che sono caratterizzati dalla causa di un alto tasso di zucchero nel sangue. Poiché si tratta di una malattia con fattori genetici, il diabete di tipo 1 ha come principale fattore di rischio l’eredità, mentre il diabete di tipo 2 oltre a questi fattori, include obesità, ipertensione, scarsa educazione alimentare e avanzamento dell’età. Questo studio mira a mostrare il numero di casi di diabete di tipo 1 e 2 diagnosticati ad Amapá con le variabili sesso, fascia d’età, stile di vita sedentario, sovrappeso, fumo, tra il 2007 e il 2012. I dati della ricerca sono stati presi dal dipartimento informatico di SUS, DATASUS (http://datasus.saude.gov.br). Il diabete mellito di tipo 1 e 2 (DM1 e DM2) sono malattie legate a disturbi nella produzione o nell’uso efficiente dell’insulina. Il fumo, così come lo stile di vita sedentario e il sovrappeso sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di DM2. Il diabete mellito di tipo 2 fornisce lo sviluppo di varie lesioni nervose organiche. Inoltre, DM2, attraverso la sua cronicità, consente lo sviluppo di retinopatie, nefropatie e altre condizioni negative per la salute dell’individuo.


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