scholarly journals Complicanze della nefrolitotrissia percutanea

2018 ◽  
Vol 23 (2) ◽  
pp. 38-43
Author(s):  
A. Scavuzzo ◽  
A. Granata ◽  
A. Saita ◽  
F. Fiorini
Keyword(s):  

L'obiettivo di questo studio è descrivere “step-by-step” la nefrolitotrissia percutanea e le sue complicanze. A tale proposito sono stati valutati i casi di calcolosi renale da noi trattati con nefrolitotrissia percutanea (PCNL) dal 2001 al 2010 ed è stata al contempo rivista la letteratura circa l'incidenza e il management delle complicanze legate a tale procedura. La percentuale globale di complicanze registrate durante e dopo le PCNL possono raggiungere anche l'83% dei casi e comprendono ematomi (7,2%), trasfusioni (11,2%-17,5%) e febbre (21,0%-32,0%). Molte di queste complicazioni, se riconosciute precocemente, possono essere gestite con trattamenti conservativi o mininvasivi. Le complicanze maggiori sono rare (setticemia (0,3–0,4%), lesioni intestinali (0,2–0,8%), lesioni pleuriche (0,0–3,1%)). Le co-morbilità (insufficienza renale, diabete mellito, obesità severa, malattie polmonari) sembrano incrementare il rischio di complicanze. Nella nostra casistica la percentuale complessiva di complicanze è stata pari al 26%, molte delle quali si sono risolte senza sequele. In conclusione, la PCNL rappresenta una metodica sicura e con basso rischio di complicanze specifiche specie se a seguito di un'accurata selezione e preparazione dei pazienti, tecnica appropriata e attento follow-up nel post-operatorio al fine di assicurare tempestivo intervento se/quando necessario.

2021 ◽  
Vol 29 (1) ◽  
pp. 16-22
Author(s):  
Jacopo Lomi ◽  
Alessio Montereggi ◽  
Alessio Mattesini ◽  
Giorgio Baldereschi ◽  
Marco Ciardetti ◽  
...  

Introduzione. L’ipertensione arteriosa resistente è correlata ad un alto rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), e non tutti i pazienti sono in grado di tollerare le terapie, o di ottenere una risposta adeguata a causa di una risposta incompleta ai farmaci o di una ridotta aderenza alla terapia. La denervazione renale transcatetere è un trattamento non farmacologico che potrebbe migliorare il controllo dell’ipertensione resistente. Ad oggi la sua applicazione clinica è limitata dai risultati contrastanti degli studi eseguiti per verificarne l’efficacia. Scopo. Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare l’efficacia a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (IA) resistente. Si sono ricercati inoltre criteri preoperatori predittivi di efficacia della procedura, confrontando vari sottogruppi di pazienti, e considerando le diverse tecniche esecutive (cateteri unipolari, cateteri multipolari o a palloncino). Metodi e risultati. In questo studio multicentrico sono stati coinvolti 38 pazienti con un’età media di 61,2 anni trattati con denervazione renale transcatetere tra luglio 2012 e dicembre 2018 in cinque centri toscani: Azienda Ospedaliero- Universitaria Careggi (Firenze), Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese, Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica – CNR Regione Toscana (Pisa) ed Ospedale di Lucca. Sono stati registrati i dettagli tecnici delle procedure di denervazione e le immagini acquisite tramite procedure diagnostiche in preparazione agli interventi e durante il loro svolgimento. L’efficacia della procedura è stata valutata con un follow-up clinico medio di 5,1 anni e con un follow-up strumentale con 24h ABPM di un anno. Inoltre, durante il follow-up, prolungato fino a settembre 2019, sono state eseguite misurazioni della funzionalità renale e sono state registrate le modifiche della terapia farmacologica fino a 7 anni dall’intervento mediante consultazione delle cartelle cliniche ed interviste ai pazienti. In seguito alla denervazione renale, sono state rilevate diminuzioni statisticamente significative dei valori di PA sistolica (– 10,7 ± 6,0 mmHg) e diastolica (5,3 ± 3,9 mmHg) al 24h ABPM. Inoltre, è stata osservata una diminuzione significativa della terapia farmacologica antiipertensiva (-1,2 farmaci). Non si sono verificate complicanze correlate alla procedura, ad eccezione di due lievi ematomi nel sito di accesso femorale. Non sono state rilevate differenze significative di efficacia analizzando i pazienti in base alla tipologia di catetere utilizzato per l’intervento, all’età, al sesso ed alla presenza di diabete mellito. Conclusioni. I risultati di questo studio confermano l’efficacia e la sicurezza a lungo termine della denervazione renale transcatetere nel trattamento dell’IA resistente. Non sono state individuati parametri clinici o procedurali per identificare pazienti più o meno responsivi alla terapia.


2017 ◽  
Vol 37 (4) ◽  
pp. 303-307
Author(s):  
C. Zhang ◽  
X. Ding ◽  
Y. Lu ◽  
L. Hu ◽  
G. Hu

Lo scopo del presente studio è stato quello di chiarire i fattori di rischio della rinoliquorrea a seguito di un approccio transfenoidale e di discuterne la prevenzione e il trattamento. Abbiamo revisionato retrospettivamente 474 casi consecutivi di adenoma ipofisario trattati con 485 procedure chirurgiche per via transfenoidale da Gennaio 2008 a Dicembre 2011 nel nostro dipartimento. Abbiamo analizzato l’incidenza di fuoriuscita di liquor cefalorachidiano intraoperatoriamente e nel postoperatorio, e la riuscita di varie strategie di riparazione. Abbiamo riscontrato fuoriuscita di liquor intraoperatoriamente in 85 casi (17.9%) e postoperatoriamente in 13 casi (2.7%). Sette dei 13 pazienti con rinoliquorrea postoperatoria non avevano mostrato fuoriuscita di liquor intraoperatoriamente; tre di questi pazienti avevano adenomi secernenti ADH. Dei rimanenti 6 pazienti con fuoriuscita di liquor sia intra che postoperatoria, 2 erano stati trattati per prolattinoma gigante e invasivo e 2 erano già stati sottoposti in passato a chirurgia trasnfenoidale. In 8 pazienti la fuoriuscita è stata risolta mediante puntura lombare, drenaggio lombare, riposo in posizione semi-reclinata o altri trattamenti conservativi. Due casi sono stati trattati mediante schiuma di gelatina e colla di fibrina utilizzando un approccio transfenoidale e due con grasso autologo e ricostruzione del pavimento della sella utilizzando un approccio transnasale endoscopico. Dopo essere stato sottoposto a due tentativi di riparazione per via transasale, un paziente è stato trattato con successo mediante un ulteriore drenaggio subaracnoideo. In conclusone le procedure che fanno uso di schiuma di gelatina, colla di fibrina e impianti di grasso autologo sono efficaci ai fini del trattamento della rinoliquorrea postoperatoria in pazienti sottoposti a chirurgia transfenoidale. Quando viene rilevata una perdita di liquido cefalorachidiano in corso di chirurgia transfenoidale, un’appropriata ricostruzione del pavimento della sella e un follow up a lungo termine sono necessari.


PSICOBIETTIVO ◽  
2010 ◽  
pp. 38-67
Author(s):  
Alfredo Canevaro
Keyword(s):  

Questo articolo intende mette in evidenza come l'utilizzazione delle risorse delle famiglie di origine (FO) puň essere fondamentale per sbloccare processi terapeutici fallimentari o in impasse terapeutica, anche durante una psicoterapia familiare svolta solo col gruppo familiare nucleare. Malgrado la famiglia sia il luogo naturale dove si elabora una perdita, sono stati piů gli autori psicodinamici che quelli sistemico-relazionali ad affrontare questo argomento. Si descrivono alcuni contributi teorici sia di psicoanalisti che di terapeuti familiari sistemici. Durante una consulenza per un caso molto grave di lutto patologico presentato da un genitore di un figlio unico morto in circostanze drammatiche,l'autore convoca le FO e con un modello giŕ collaudato di approccio trigenerazionale riesce a stimolare le risorse familiari che favoriscono una buona evoluzione della terapia. Da un follow-up immediato a 3 mesi e a distanza di 7 anni si riesce a vedere il rientro di una grave patologia e la nascita di una elaborazione quasi normale del lutto nella coppia genitoriale.


2017 ◽  
Vol 37 (4) ◽  
pp. 320-327
Author(s):  
P.A. Oddon ◽  
M. Montava ◽  
F. Salburgo ◽  
M. Collin ◽  
C. Vercasson ◽  
...  

L’obiettivo di questo lavoro è stato di valutare la storia naturale di crescita degli schwannomi vestibolari (VS), la qualità di vita di quelli trattati in maniera conservativa e di validare una scala specifica per tale malattia in lingua francese, Penn Acoustic Neuroma Quality-of- Life (PANQOL). Sono stati studiati retrospettivamente 26 pazienti con VS trattato in maniera conservativa. Sono state raccolte le caratteristiche dei pazienti e i reperti radiologici, e sono state utilizzate due scale per validare valutare la qualità di vita: la Short Form-36 Health Survey (SF-36) e la PANQOL scale, tradotta in francese. I punteggi ottenuti sono stati comparati con gli studi precedenti. Il tempo medio di follow up è stato di 25 mesi (range 6-72). È stata osservato un accrescimento del tumore in 14 pazienti (53,8%), nessun accrescimento in 12 pazienti (46,2%), e non si è verificata nessuna riduzione. La crescita media del tumore è stata di 2,22 mm/anno, e non sono stati individuati fattori predittivi di crescita. I pazienti con vertigini e instabilità hanno riferito una più bassa qualità di vita, sia secondo la scala SF-36, sia secondo la scala PANQOL. Utilizzando la scala SF-36, i nostri risultati si sono rivelati paragonabili a quelli della letteratura. Utilizzando la scala PANQOL, i nostri punteggi non si sono rivelati statisticamente diversi da quelli derivanti da studi tedeschi e nordamericani, ad eccezione di quelli riguardanti l’udito (p=0,019). La qualità di vita diventa sempre più importante nella gestione dei VS. In linea con questi risultati, noi sosteniamo la strategia non conservativa associata ad una riabilitazione vestibolare per quei pazienti con vertigini ed instabilità. La scala PANQOL, disponibile in lingua francese, si è rivelata specifica per i VS.


2016 ◽  
Vol 36 (3) ◽  
pp. 174-184
Author(s):  
S. Ursino ◽  
V. Seccia ◽  
P. Cocuzza ◽  
P. Ferrazza ◽  
T. Briganti ◽  
...  
Keyword(s):  

In questo lavoro vengono riportati i risultati a breve termine di uno studio prospettico, finalizzato alla valutazione strumentale della funzionalità deglutitoria in pazienti affetti da tumore del rinofaringe e orofaringe sottoposti a trattamento radio o radiochemioterapico con tecnica ad intensità modulata (IMRT). L’ IMRT è stata finalizzata, oltre che al miglioramento della conformazione della dose radiante al volume tumorale, alla riduzione della stessa alle strutture responsabili della deglutizione (SWOARs). I criteri dello studio hanno previsto in tutti i pazienti la valutazione strumentale della deglutizione con Videofluoroscopia (VFS), Fibroscopia Endoscopica della deglutizione (FEES) e Scintigrafia Orofaringea (OPES) prima dell’inizio del trattamento e ad 1 mese dal termine dello stesso. Ogni esame è stato eseguito rispettivamente in seguito all’assunzione di un bolo liquido (L) e semiliquido (SL) e per ognuno sono stati calcolati i seguenti valori strumentali: presenza o meno di caduta pre-deglutitoria, presenza o meno di aspirazione, tempo di transito faringeo (PTT) ed indice di ritenzione ipofaringeo (HPRI). Dal Gennaio 2012 al Giugno 2013, un totale di 20 pazienti ha terminato il trattamento ed ha eseguito la valutazione strumentale a 1 mese dal termine della radioterapia. Il confronto tra i valori dell’HPRI prima e dopo il trattamento radiante ha mostrato un peggioramento significativo sia alla FEES-L (p = 0,021) e SL (p = 0,02) che alla VFS-L (p = 0,008) che SL (p = 0,005). Inoltre è stata riscontrata una significativa correlazione tra i valori dell’HPRI basale ed a 1 mese alla FEES-L e SL (p = 0,005) così come alla VFS-L e SL (p < 0,001). Diversamente, il tempo di transito faringeo (PTT) non è risultato essere influenzato dalla radioterapia (p > 0,2). Solo in pochi pazienti è stata riscontrata la comparsa di caduta pre-deglutitoria ( 1 paziente con tumore della base linguale alla FEES-L e SL) e la presenza di aspirazione (1 paziente con tumore del rinofaringe alla OPES-L e FEES-SL). Nel complesso i risultati iniziali del nostro studio mostrano che l’ IMRT, finalizzata al risparmio delle SWOARs, determina soltanto un significativo incremento della ritenzione di bolo a livello del distretto ipofaringeo. Un follow-up più lungo sarà necessario per valutare se tale incremento sia associato o meno ad un maggior rischio di sviluppare fenomeni di aspirazione tardivi.


2015 ◽  
Vol 35 (6) ◽  
pp. 394-399
Author(s):  
G. SAPONARO ◽  
G. GASPARINI ◽  
D. CERVELLI ◽  
L. DALL’ASTA ◽  
G. D’AMATO ◽  
...  
Keyword(s):  

Il gold standard nella ricostruzione dei mascellari nelle atrofie severe, siano esse di natura idiopatica o iatrogena, come nei casi di chirurgia resettiva oncologica, deve essere incentrato verso tecniche di ricostruzione immediata che consentano un veloce recupero funzionale ed estetico. I pazienti considerati in questo studio sono stati trattati durante un periodo di 5 anni (2010-2014) con ricostruzione immediata del deficit dei mascellari, eseguito per mezzo di lembo libero di fibula osteo-periosteo. Sono stati pertanto selezionati 14 pazienti sottoposti a ricostruzione con tale tecnica, senza riportare complicanze a medio e lungo termine. Il principale vantaggio di questo tipo di ricostruzione va ricercato nella formazione di gengiva cheratinizzata sovrastante il lembo libero che consente la migliori condizione possibile per una ricostruzione implantoprotesica. L’unico svantaggio di questa tecnica è da imputare alla necessità di lasciare che la ferita chirurgica intraorale guarisca per seconda intenzione in modo da promuovere la formazione di gengiva cheratinizzata dai bordi della ferita stessa, per tale ragione però il pazente necessita di un rigido follow up per il primo mese dopo l’intervento. Lo scopo di questo lavoro è valutare l’efficacia di tale tecnica nelle ricostruzioni ossee dei mascellari.


2015 ◽  
Vol 35 (6) ◽  
pp. 371-378
Author(s):  
A. BOLZONI ◽  
A. MAPELLI ◽  
A. BAJ ◽  
F.V. SIDEQUERSKY ◽  
A.B. GIANNÌ ◽  
...  
Keyword(s):  
Z Score ◽  

In questo studio sono stati analizzati sette pazienti a cui è stata ricostruita la mandibola utilizzando un lembo libero di fibula. Un paziente è stato operato medialmente e gli altri sul lato destro o sinistro. I pazienti sono stati riabilitati con protesi su impianti, ed hanno eseguito una serie di movimenti limite mandibolari (massima apertura e chiusura della bocca, laterotrusioni destra e sinistra, protrusione), che sono stati registrati nelle tre dimensioni dello spazio da un sistema non invasivo di analisi del movimento. I relativi parametri cinematici dell’articolazione temporomandibolare sono stati confrontati con quelli ottenuti in un gruppo di soggetti sani di controllo utilizzando gli z-score. La massima apertura della bocca è risultata ridotta in tutti i pazienti, con z-scores compresi tra -2.742 e -0.106, ed è stata effettuata con una minore rotazione mandibolare sul piano sagittale. In tutti i pazienti salvo uno si è rilevata una riduzione del movimento del punto interincisale durante la protrusione. Nei pazienti, i movimenti del punto interincisivo in laterotrusione e i movimenti condilari durante l’apertura della bocca sono risultati molto variabili e talvolta asimmetrici. Anche la rotazione mandibolare è risultata molto variabile, con z-scores compresi tra -1.265 e - 1.388. Insieme all’ampiezza dei movimenti, sono state indagate alcune caratteristiche biomeccaniche dell’articolazione, che possono fornire informazioni relativamente ai capi articolari senza sottomettere i pazienti a procedure pericolose. Le valutazioni possono essere eseguite longitudinalmente durante il follow-up. I dati forniti da questo studio indicano quali aree facciali e quali strutture devono essere attentamente valutate durante la pianificazione preoperatoria, nell’illustrazione dei problemi al paziente e durante la riabilitazione.


2017 ◽  
Vol 37 (05) ◽  
pp. 430-435
Author(s):  
K. Jáuregui-Renaud ◽  
C. Aranda-Moreno ◽  
A. Herrera-Rangel

L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare la funzione utricolare e la funzione dei canali semicircolari laterali in pazienti con diabete mellito di tipo 2, con o senza cadute, afferenti all’assistenza sanitaria di base. Sono stati arruolati 101 pazienti con diabete mellito di tipo 2 (26 con storia di cadute, 75 senza), di età compresa tra 34 e 84 anni, e 51 volontari sani di età compresa tra 40 e 83 anni, i quali hanno negato vertigini, capogiri, instabilità, ipoacusia o disordini neurologici. Nessuno di loro era in cerca di cure per deficit sensoriali o dell’equilibrio. Dopo aver effettuato una valutazione clinica e dopo aver indagato i sintomi relativi alla sfera dell’equilibrio con l’ausilio di un questionario standardizzato, la funzione dei canali semicircolari laterali è stata studiata con il test sinusoidale alle velocità di 0,16 Hz e 1,28 Hz (il picco della velocità è stato fissato a 60°/s); la funzione otolitica, invece, è stata studiata con la verticale visiva soggettiva, determinata sia tramite test statico sia tramite test dinamico, durante centrifugazione unilaterale (300°/s a 3.5 cm); è stata eseguita inoltre la posturografia statica, su pedana soffice e dura, ad occhi aperti e chiusi. Confrontando i risultati ottenuti nei pazienti diabetici e in quelli sani, i pazienti diabetici hanno mostrato risposte inferiori alla centrifugazione unilaterale, ma risposte simili alla stimolazione dei canali semicircolari laterali, indipendentemente da età, neuropatie periferiche o storia di cadute (ANCoVA p < 0.05). I pazienti con storia di cadute, rispetto a quelli senza storia di cadute, erano per lo più donne e hanno raggiunto più facilmente un punteggio maggiore o pari a 4 al questionario sui sintomi relativi al senso dell’equilibrio; tuttavia i due gruppi hanno mostrato simili età, indice di massa corporea e neuropatia periferica. Nei pazienti con diabete di tipo 2, afferenti all’assistenza sanitaria di base e non in cerca di cure per deficit sensoriali o dell’equilibrio, la funzione utricolare potrebbe essere alterata, anche in assenza di disfunzione dei canali semicircolari laterali o di storia di cadute.


2017 ◽  
Vol 37 (2) ◽  
pp. 122-127 ◽  
Author(s):  
P. Capaccio ◽  
M. Gaffuri ◽  
V. Rossi ◽  
L. Pignataro
Keyword(s):  

Come si evince dall’analisi della letteratura, l’approccio transorale ai calcoli prossimali e ilo-parenchimali della ghiandola sottomandibolare rappresenta una valida alternativa alla scialoadenectomia tradizionale. Lo scopo di questo studio è quello di valutare i risultati chirurgici, ecografici e soggettivi di questa tecnica conservativa. Tra Gennaio 2003 e Settembre 2015 sono stati trattati con l’approccio transorale scialoendoscopico-assistito 479 pazienti affetti da calcoli ilo-parenchimali sottomandibolari palpabili, non mobili, di dimensioni superiori ai 7 mm. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un follow-up clinico, ecografico e ad una valutazione soggettiva dell’outcome chirurgico per mezzo di un apposito questionario somministrato attraverso un’intervista telefonica. Il successo chirurgico definito come completa asportazione del calcolo ilo-parenchimale è stato ottenuto in 472 pazienti (98.5%); in sette casi (1.5%) si è verificato un insuccesso chirurgico, riguardante esclusivamente calcoli parenchimali puri. Un anno dopo l’intervento chirurgico, 408 pazienti (85.1%) non riferivano più sintomi ostruttivi, 59 pazienti (12.3%) riferivano sintomi ostruttivi ricorrenti e 12 (2.6%) infezioni ricorrenti. Dei 54 pazienti (11.2%) affetti da litiasi sottomandibolare ricorrente, 52 sono stati sottoposti ad una seconda procedura terapeutica, nello specifico in 29 casi a scialoendoscopia, in 2 casi a litotrissia pneumatica intracorporea, in 8 casi a chirurgia transorale, in 6 casi ad un ciclo di litotrissia extracorporea, in 7 casi a scialoadenectomia sottomandibolare. La maggior parte dei pazienti (75.2%) ha riferito un dolore post-chirurgico di grado lieve. Al termine del follow-up, i sintomi riferiti da 454 pazienti (94.8%) erano migliorati dopo il secondo trattamento e la ghiandola sottomandibolare affetta era stata preservata nel 98.5% dei casi. La chirurgia transorale scialoendoscopico-assistita dei calcoli ilo-parenchimali della ghiandola sottomandibolare rappresenta un’opzione terapeutica sicura, efficace e conservativa e la preservazione del dotto e del parenchima ghiandolare permette di esplorare il sistema duttale attraverso l’ostio naturale in caso di ricorrenza della patologia. L’utilizzo combinato dell’approccio transorale e delle altre tecniche mini-invasive permette di trattare con successo la maggior parte dei pazienti affetti da litiasi ilo-parenchimale sottomandibolare.


2016 ◽  
Vol 36 (4) ◽  
pp. 275-281
Author(s):  
F. Solmaz ◽  
D. Akduman ◽  
M. Haksever ◽  
E. Gündoğdu ◽  
M. Yanılmaz ◽  
...  
Keyword(s):  

La cartilagine rappresenta una delle opzioni più interessanti per il confezionamento dell'innesto nella timpanoplastica (TPL). Col presente studio presentiamo i nostri risultati audiologici e il rate di attecchimento nei casi di TPL trattati con innesto di cartilagine con pericondrio (PACIT). Sono stati analizzati, in termini di tipo di chirurgia effettuata, attecchimento dell'innesto e risultati audiologici, 194 orecchi di 191 pazienti (108 maschi, 83 donne). Sono state effettuate 127 (65,46%) TPL tipo I, 45 (23,20%) tipo II e 22 (11,34%) tipo III. Il gap medio fra via aerea e via ossea all'audiometria tonale preoperatoria è stato rispettivamente 33,74 ± 9,60, 52,58 ± 9,07, e 56,58 ± 10,27 dB HL; i valori nel postoperatorio sono stai invece 18,55 ± 9,25, 31,21 ± 4,36, and 44,84 ± 12,45 dB HL. Nel postoperatorio di è registrato un miglioramento della soglia (≥ 10dB) nel 76,81% degli orecchi valutati, con un recupero medio di 20 dB HL (range 10-40 dB). Tuttavia il 19,07% degli orecchi valutati non ha mostrato un miglioramento della soglia uditiva, e il 4,12% ha manifestato un peggioramento della soglia. L'innesto ha attecchito correttamente nel 91,24% dei casi con follow-up di almeno 13 mesi con una media di 68,64 mesi, mentre si è registrato un fallimento nel 8,76% dei casi. In considerazione dei livelli postoperatori della soglia uditiva e dell'elevato rate di attecchimenti registrato, il presente studio ha evidenziato l'efficacia a lungo termine dell'innesto di cartilagine con pericondrio.


Sign in / Sign up

Export Citation Format

Share Document