Attività di placca e dose ottimale di Gd-DTPA in RM per la diagnosi di sclerosi multipla

1994 ◽  
Vol 7 (6) ◽  
pp. 859-873 ◽  
Author(s):  
C.F. Andreula ◽  
A.N.M. Recchia-Luciani ◽  
A. Carella

L'introduzione del mezzo di contrasto in risonanza magnetica nello studio della Sclerosi Multipla (SM) ha accresciuto la sensibilità e la specificità della tecnica, individuando l'attività infiammatoria di quelle placche che evidenziano assunzione di contrasto paramagnetico (Gadopentato Dimeglumina, Gd-DTPA), con il relativo accorciamento dei tempi di rilassamento e l'aumento del segnale in T1. Tale caratteristica propone la possibilità di una verifica della disseminazione nel tempo delle lesioni, disseminazione che, combinata con la disseminazione spaziale (individuata già dall'esame di base anche in virtù della multiplanarietà) permette fin dal primo esame di definire la diagnosi di SM. L'aumento della intensità di segnale di una lesione avviene in proporzione all'incremento della dose di mdc paramagnetico utilizzata, fino a 0,3 mmol/Kg di peso corporeo. Scopo del nostro lavoro è individuare la dose ottimale di mdc paramagnetico in RM nel sospetto diagnostico di SM, per eliminare il sospetto di falsi negativi ingenerato nella pratica quotidiana a fronte di un quadro clinico e di un quadro RM fortemente suggestivi. Sono stati eseguiti esami pre- e post-contrasto in 150 pazienti con Sclerosi Multipla sospetta o definita. Dopo la prima dose di Gd-DTPA introdotta endovena, con tecnica a bolo, alla posologia di 0,2 ml/Kg di peso corporeo, sono state effettuate scansioni T1, immediatamente dopo la somministrazione. Quindi, è stata somministrata una seconda dose di Gd-DTPA endovena, sempre alla posologia di 0,2 ml/Kg di peso corporeo con tecnica a bolo, dopo la quale sono state ripetute le medesime scansioni T1, a distanza di 3–5 minuti dalla somministrazione della prima dose. Nel gruppo totale di pazienti che hanno mostrato impregnazione di placca (71 = 47,33%), il rapporto tra i casi con impregnazione dopo dose singola (6 casi = 4%), e quelli con impregnazione dopo doppia dose (65 casi = 63,33%) è stato dell '11,825 (incremento proporzionale 1082,5%). Nel corso del nostro lavoro, abbiamo distinto le placche in cinque «tipi», in base al differente segnale RM e al comportamento dopo somministrazione di mdc. L'aumento della dose permetterebbe un miglior rapporto contrasto/rumore, con il rilievo di lesioni di dimensioni al limite della rilevabilità, nonchè una maggiore «confidence» di rilevamento per una migliore delineazione delle lesioni, e dunque della diagnosi per immagini. Obiettivo finale del lavoro è una possibile revisione del protocollo diagnostico della SM, con l'introduzione della RM con doppia dose di Gd-DTPA in tutti i casi di sospetto clinico di patologia demielinizzante, nella speranza di una possibile drastica riduzione del tempo necessario per giungere alla definizione diagnostica.

1994 ◽  
Vol 7 (4) ◽  
pp. 605-615
Author(s):  
R. Izzo ◽  
M. Muto ◽  
G. Fucci ◽  
G. Taglialatela ◽  
P. Longhi ◽  
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Gli Autori riportano la loro esperienza nello studio della patologia intrinseca del midollo spinale riesaminando retrospettivamente 23 pazienti osservati nel periodo 1990–93. Tutti i pazienti sono stati studiati con RM utilizzando un magnete superconduttore 0,5 T. Sono stati riscontati: 4 casi di astrocitoma, 4 di ependimoma, 2 di emangioblastoma, 2 di angioma cavernoso, 1 di metastasi, 2 di mielite trasversa, 4 di sclerosi multipla e 4 di siringomielia. Tutti i casi neoplastici sono stati verificati mediante esame istologico di campioni chirurgici o bioptici. Nei casi di sclerosi multipla e di mielite trasversa la diagnosi è stata formulata sulla base della clinica e del follow-up. Tutti i pazienti le cui patologie non sono state verificate con esame istopatologico o non definitivamente inquadrate mediante un adeguato follow-up clinico-radiologico, sono stati esclusi da tale studio. La RM ha confermato il suo ruolo di metodica di prima e, spesso, unica scelta per il rilevamento e la caratterizzazione delle lesioni midollari, anche se con i limiti di una relativa aspecificità. Si è cercato di trarre alcuni orientamenti per la diagnosi differenziale delle patologie osservate.


2002 ◽  
Vol 15 (6) ◽  
pp. 705-711
Author(s):  
P. Renzetti ◽  
R. C. Parodi ◽  
C. Ottonello ◽  
F. Zandrino ◽  
M. Cossu ◽  
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L'elevato peso atomico del Gd giustifica l'ipotesi di un utilizzo in tomografia computerizzata (TC) di mezzi di contrasto (MdC) già clinicamente in uso in risonanza magnetica (RM). Il potenziamento TC determinato dalla Gadodiamide (Gd-DTPA-BMA, Omniscan, Nycomed-Amersham), MdC paramagnetico non ionico, è stato valutato e quantificato in vitro e in vivo. Due serie di soluzioni scalari di Gadodiamide e di MdC iodato (Iopamiro 370, Bracco) sono state sottoposte a scansione TC per la quantificazione densitometrica in unità Hounsfield (UH). Sette pazienti affetti da neoplasia intracranica sono stati sottoposti a TC prima e dopo somministrazione endovenosa di 0,3 mmol/Kg di Gadodiamide; sono stati rilevati i valori medi di densità pre- e postcontrasto a livello dell'arteria basilare e della massa tumorale. Nello studio in vitro, a parità di concentrazione molare del MdC, è risultata maggiore la densità media della soluzione di gadodiamide rispetto al MdC iodato, superiorità statisticamente significativa (test F, p < 0,0001), a conferma del fatto che il Gd ha caratteristiche fisiche che lo rendono utilizzabile in MdC per TC. Nello studio in vivo, la gadodiamide ha determinato incrementi densitometrici medi (postcontrasto /precontrasto) del 71,05% per l'arteria basilare e del 45,23% per la lesione tumorale, consentendo una sufficiente apprezzabilità soggettiva dell'enhancement. La Gadodiamide può essere utilizzata come MdC in TC in pazienti con dubbia o asserita diatesi allergica per i MdC iodati allorquando non sia praticamente disponibile la RM (urgenze!) o sussistano importanti controindicazioni (pacemaker, ecc.). L'osmolarità medio-bassa (780 mOsm/Kg) e il profilo tossi-cologico favorevole della Gadodiamide permettono di ipotizzare l'utilizzo di dosi anche più elevate. Tali risultati preliminari rafforzano l'ipotesi della messa a punto di MdC per TC a base di Gd; più atomi di Gd potrebbero ad esempio essere contenuti all'interno della molecola con il duplice effetto di ridurre la tossicità ed elevare il peso atomico del MdC. Gadolinium (Gd) high atomic weight can enable us to use the Gd-chelates as contrast agents (c.a.) in computed tomography (CT). CT contrast enhancement (c.e.) due to Gadodiamide (Gd-DTPA-BMA, Omniscan, Nycomed-Amersham), a non-ionic paramagnetic c.a. used in magnetic resonance (MR) imaging, was evaluated and quantified through an in vitro and in vivo study.


1995 ◽  
Vol 8 (4) ◽  
pp. 497-512 ◽  
Author(s):  
G.C. Ettorre ◽  
A.P. Garribba ◽  
A. Tirelli ◽  
P. Lavezzi ◽  
M.P. Bondioni ◽  
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L'impiego in risonanza magnetica delle sequenze 3DFT-CISS consente una rappresentazione anatomica dettagliata delle strutture dell'orecchio interno grazie alle possibilità di ottenere strati sottili ad alta risoluzione spaziale e di contrasto. Gli autori riportano la loro esperienza nello studio dell'anatomia dell'orecchio interno mediante imaging RM con sequenze 3DFT-CISS ed analizzano, nei casi patologici, i risultati ottenuti comparativamente con sequenze Spin-Echo (SE) convenzionali. 126 pazienti con deficit uditivo neurosensoriale sono stati sottoposti a RM delle rocche petrose secondo un protocollo che ha previsto l'impiego di sequenze SE convenzionali e sequenze 3DFT-CISS. In tutte le rocche petrose giudicate normali le sequenze 3DFT-CISS hanno consentito una rappresentazione anatomica definita e dettagliata della coclea, del canale semicircolare laterale e del vestibolo nel 100% dei casi, del canale semicircolare posteriore e superiore rispettivamente nel 92% e nell'89% dei casi. Il VII nervo cranico e le branche cocleare, vestibolare superiore e vestibolare inferiore dell'VIII sono state identificate rispettivamente nell'89%, 95%, 80% ed 87% dei casi. Nei casi patologici l'apporto delle sequenze 3DFT-CISS è stato giudicato decisivo nelle malformazioni, nei conflitti neuro-vascolari e nell'otosclerosi cocleare obliterativa. La loro utilizzazione ha escluso nei casi di labirintite la presenza di un processo espansivo intralabirintico. Nella patologia espansiva del nervo acustico le sequenze 3DFT-CISS hanno consentito sempre l'identificazione del processo espansivo e sono risultate superiori alle sequenze SE T2 nella definizione spaziale del tumore, anche se non hanno fornito ulteriori informazioni rispetto alle sequenze SE T1 senza Gadolinio. Gli autori, in conclusione, ritengono che l'impiego delle sequenze 3DFT-CISS in associazione con sequenze SE T1 senza e con mezzo di contrasto possono rappresentare una ottima combinazione per un approccio RM di prima istanza in tutti i deficit uditivi neurosensoriali.


1997 ◽  
Vol 10 (2_suppl) ◽  
pp. 46-46
Author(s):  
R. Floris ◽  
A. Castriota ◽  
M. Mulas ◽  
A. Apruzzese ◽  
L. Gagliarducci ◽  
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Scopo del nostro lavoro è di verificare il ruolo della Risonanza Magnetica funzionale con tecniche di diffusione, rispetto alle sequenze Spin-Echo T1 pesate dopo somministrazione di Gd-DTPA, nella valutazione dell'attività di placca nella Sclerosi Multipla. Abbiamo sottoposto ad esame RM tradizionale prima e dopo somministrazione di Gd-DTPA ed esame funzionale con tecniche di diffusione, 7 pazienti affetti da Sclerosi Multipla remittente, con controlli seriati eseguiti ad intervalli di 30 giorni. In ciascun paziente, oltre alle sequenze tradizionali, sono state utilizzate sequenze pesate in diffusione Echo-Planari Spin-Echo Single Shot, con due diversi coefficienti di diffusione (b=304 s/mm2, b= 1192 s/mm2). Nella valutazione delle immagini sono stati considerati i seguenti parametri: numero totale delle lesioni in fase attiva che si potenziano con il Gd-DTPA e valutazione comparativa tra le immagini T1 pesate con Gd-DTPA e le immagini pesate in diffusione. I risultati hanno dimostrato una significativa correlazione tra le lesioni con contrast-enhancement e le lesioni identificate nelle sequenze in diffusione con alto valore di b (1192 s/mm2). Le sequenze pesate in diffusione sembrano poter distingure le placche acute da quelle croniche. Inoltre dalla valutazione dei followup eseguiti si evince che tali sequenze sono in grado di rilevare più precocemente l'insorgenza di nuove placche.


1997 ◽  
Vol 10 (2) ◽  
pp. 157-164 ◽  
Author(s):  
M. Di Girolamo ◽  
F.G. Assael ◽  
S. Pirillo ◽  
V. Tancioni ◽  
R. Pastore ◽  
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La displasia fibrosa è una patologia caratterizzata da un disturbo nello sviluppo dell'osso. Scopo del lavoro è quello di valutare l'accuratezza diagnostica della risonanza magnetica nello studio della displasia fibrosa cranio-facciale, completando l'esame convenzionale con la somministrazione e.v. di mezzo di contrasto paramagnetico (gadolinio - DTPA) e con acquisizioni di angiografia RM. 5 pazienti con displasia fibrosa cranio-facciale, diagnosticata con biopsia, sono stati sottoposti a studio RM. L'esame è stato effettuato con scansioni assiali Spin-Echo pesate in T1, DP e T2. Altre scansioni assiali e coronali o sagittali pesate in T1 sono state effettuate dopo la somministrazione e.v. di gadolinio-DTPA. È stata quindi eseguita l'angiografia RM usando la tecnica «2D In-Flow» con scansioni assiali. Le immagini ottenute in tal modo sono state elaborate con tecnica MIP (Maximum Intensity Projection) in modo da ottenere delle ricostruzioni simil-angiografiche sul piano assiale e coronale. Le ossa coinvolte dalla displasia cranio-facciale sono state perfettamente valutate, specialmente mediante le scansioni pesate in T1. La somministrazione di gadolinio ha consentito di rilevare in un paziente un potenziamento omogeneo e in quattro pazienti un potenziamento disomogeneo. L'angiografia con RM ha consentito di rilevare l'arteria afferente alla lesione ossea in due pazienti e in due pazienti il coinvolgimento del circolo cerebrale. In conclusione, la RM risulta la migliore metodica per la valutazione radiologica dei pazienti con displasia cranio-facciale, specialmente nei controlli nel tempo.


1996 ◽  
Vol 9 (5) ◽  
pp. 521-528 ◽  
Author(s):  
M. Ukmar ◽  
S. Magnaldi ◽  
C. Dapas ◽  
A. Bosco ◽  
R. Longo ◽  
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La risonanza magnetica è la tecnica fondamentale nello studio della sclerosi multipla. Lo scopo di questo lavoro è stato il confronto, in termini di sensibilità, tra alcune sequenze di RM attualmente disponibili con l'intento di individuare quella che consente la migliore dimostrazione delle lesioni tipiche della sclerosi multipla. Sono stati studiati 71 pazienti affetti da sclerosi multipla, inclusi nello studio in base ai criteri di Poser. Tutti sono stati sottoposti ad un esame di RM comprendente una sequenza SE pesata in densità protonica (DP) e T2, una sequenza TSE pesata in T2 e una sequenza IR. Il giudizio sulla visibilità delle lesioni demielinizzanti è stato espresso sia in termini soggettivi che in modo oggettivo. Dalla valutazione soggettiva è emerso che, in generale, la visibilità delle placche è risultata soddisfacente nella maggior parte dei casi, con punteggi particolarmente elevati a livello della sostanza bianca periventricolare, mentre punteggi più bassi sono stati attribuiti alle lesioni del cervelletto e del tronco encefalico. Prendendo in considerazione i punteggi attribuiti alle diverse lesioni in relazione al tipo di sequenza impiegata, nel complesso quella migliore è risultata la SE pesata in T2. Dalla valutazione oggettiva invece la sequenza con maggiore contrasto intrinseco è risultata essere la TSE pesata in T2 con una eccezione per quanto concerne il contrasto tra placca e liquor dove la sequenza più affidabile è risultata essere la DP. Dalla valutazione oggettiva emerge dunque un risultato in apparente contraddizione con quello della valutazione soggettiva. Per conciliare risultati così diversi bisogna ipotizzare che il contrasto intrinseco delle immagini non sia il fattore principale che determina l'adeguata visibilità delle lesioni demielinizzanti. Ad esempio, nelle sequenze TSE pesate in T2 alcuni fattori riducono la visibilità delle stesse. In conclusione, dalla nostra esperienza emerge che la sequenza che consente la migliore dimostrazione delle lesioni della sclerosi multipla è la SE pesata in DP e T2, che permette la valutazione di più parametri tissutali in un'unica acquisizione oltre ad essere dotata di un contrasto intrinseco soddisfacente.


1997 ◽  
Vol 10 (2_suppl) ◽  
pp. 252-252
Author(s):  
M. Mortilla ◽  
M. Ermini ◽  
M. Nistri ◽  
G. Dal Pozzo ◽  
F. Falcini

Nel 30–60% dei soggetti con LES ad esordio pediatrico è stato descritto un coinvolgimento del SNC. In studi precedenti sono state riscontrate alterazioni metaboliche tramite indagine con SPECT cerebrale. Sono stati studiati con Risonanza Magnetica (Imaging e Spettroscopia 23 soggetti (18 F e 5 M; età media 15, 4 anni; range 8–27) con LES, 20 controlli di età e sesso adeguati, 5 soggetti con forma giovanile di dermatomiosite (5 F), 2 con sclerosi sistemica (1 F e 1 M) e 1 con malattia di Behçet (1 F). Altre 2 ragazze con LES erano state sottoposte all'esame RM, ma sono state escluse dallo studio per il rilievo di grossi artefatti dovuti alla presenza di apparecchio metallico ortodontico fisso. Gli esami sono stati effettuati con apparecchio Philips ACS-NT (Best, Olanda) 1,5T. Sono state eseguite scansioni assiali spin eco T2 e FLAIR, scansioni sagittali turbo T2 (5mm di spessore) e spettroscopia dell'idrogeno di un singolo volume 70times50times20mm (TE 272ms, TR 2000ms) posizionato sulla sostanza bianca sopraventricolare. 16 pazienti affetti da LES presentavano dati anamnestici e clinici di coinvolgimento del SNC: tra questi soltanto 9 hanno mostrato alterazioni all'esame di Imaging preliminare (atrofia e/o piccole lesioni focali della sostanza bianca). Anche in 2 dei pazienti senza sintomi neuropsichiatrici il quadro neuroradiologico è risultato alterato. L'indagine spettroscopica ha evidenziato una correlazione tra l'attività della malattia e la diminuzione dell'N-acetilaspartato espresso come rapporto NAA/Cr. 11 pazienti sono stati esaminati durante la presenza di sintomi neuropsichiatrici: tra questi 5 pazienti sottoposti a un prolungato periodo di trattamento con corticosteroidi per un coinvolgimento sistemico della malattia più marcato hanno mostrato il più basso valore del rapporto NAA/Cr. 2 tra essi hanno mostrato il quadro neuroradiologico nella norma. Dunque la Risonanza Magnetica per immagini e la Spettroscopia possono essere indagini non invasive da utilizzare in soggetti con LES pediatrico sia per rilevare un coinvolgimento precoce dell'encefalo sia per monitorizzare la gravità della malattia.


1994 ◽  
Vol 7 (6) ◽  
pp. 883-893
Author(s):  
C.F. Andreula ◽  
A.M.N. Recchia-Luciani ◽  
A. Tarantino ◽  
V. Pavone ◽  
A.P. Garribba ◽  
...  

Esponiamo i risultati della nostra esperienza nello studio dei linfomi secondari del SNC con la risonanza magnetica, in confronto con i dati disponibili in letteratura. In particolare, abbiamo analizzato i dati epidemiologici e l'eventuale ricaduta delle risultanze della RM sul protocollo diagnostico-terapeutico dei linfomi secondari. Inoltre, abbiamo tentato di identificare delle ipotesi di correlazione tra quadro anatomo-patologico e segnale RM. Nei 10 pazienti sono state individuate 20 lesioni, in 7 casi singole, in 3 multiple, queste ultime da un minimo di 2 a un massimo di 6. Complessivamente le lesioni sono risultate così distribuite: — 15 lesioni intrassiali, 5 delle quali singole, 3 multiple; 1 lesione intra-assiale aveva localizzazione midollare; — 5 lesioni extrassiali, di cui 3 meningo-durali e 2 leptomeningee, tutte singole. Nelle lesioni intrassiali in T1 la zona 1 è apparsa sostanzialmente isointensa (80%) e raramente ipero iso-iperintensa (20%). In T2 si è evidenziata una prevalente iperintensità (70%), raramente una isointensità (20%) o una ipointensità (10%). La zona 2 è risultata evidente nel 30% dei casi. L '80% delle lesioni ha mostrato un potenziamento dopo contrasto, in tutti i casi da moderato a marcato e di aspetto omogeneo. In nessun caso è stata evidenziata una diffusione subependimale. Nelle immagini tardive solo nel 10% dei casi si è osservato un aumento del grado di impregnazione e senza estensione alla zona 2. Le lesioni meningodurali, così come le leptomeningee, si presentano isointense in T1, male apprezzabili in T2, ma vengono rivelate dopo mdc dalla netta impregnazione. All'esame istologico, tali forme secondarie si sono rivelate eterogenee: 5 casi a grandi cellule, 1 a piccole cellule, 1 linfoblastico, 1 tipo Burkitt, 2 linfomi di Hodgkin. In un caso a presentazione contemporanea nel SNC ed in sede periferica, il riscontro istologico cerebrale (a grandi cellule), si è mostrato differente da quello bioptico linfonodale (a piccole cellule). È stata valutata infine la risposta al trattamento, in massima parte chemioterapico; in 2 pazienti questo è stato associato a radioterapia. Si è osservata una regressione o una riduzione volumetrica lesionale nel 50% dei casi, una progressione nel 30%, ed un reperto sostanzialmente invariato nel 20%. La durata minima di tali regressioni è stata di circa 2 mesi. Solo un paziente è attualmente in remissione completa dopo circa 12 mesi dalla regressione delle lesioni. L'esame RM ha confermato di possedere una elevatissima sensibilità alle ripetizioni secondarie dei linfomi a livello del SNC: il rilievo di una elevata frequenza di tali localizzazioni, comunque in misura inferiore a quanto segnalato nei lavori anatomopatologici, è da mettere in rapporto alla selezione delle forme linfomatose a più elevata malignità, forme nelle quali il contributo dell'esame di risonanza ci appare irrinunciabile, al punto di caldeggiarne l'introduzione nei protocolli diagnostici standard.


1998 ◽  
Vol 11 (1) ◽  
pp. 79-84
Author(s):  
V. Coppola ◽  
L. Memoli ◽  
L. Brunese ◽  
M. Alfinito ◽  
M. Coppola ◽  
...  

Indipendentemente dalle prestazioni, sono stati valutati e confrontati i costi di gestione e di ammortamento di due apparecchiature per risonanza magnetica da 1 e 0,5 Tesla e si è ricavato il costo-medio per esame. Le condizioni lavorative sono state rappresentate in maniera ideale e i tempi tecnici standardizzati. Le nuove modalità di rimborso a prestazione, basata sulla verifica dei DRG deve obbligare a una preventiva valutazione strategica delle risorse da impiegare e dei costi da sopportare ai fini del raggiungimento del break even point. La modalità procedurale seguita deve rientrare nella pianificazione strategica delle risorse che tutte le amministrazioni devono effettuare preliminarmente alla indizione di una gara d'appalto.


1992 ◽  
Vol 5 (2) ◽  
pp. 223-235 ◽  
Author(s):  
A. Carella ◽  
C.F. Andreula ◽  
G. Marano

Scopo del nostro studio è stato quello di fornire una mappa quanto più possibile dettagliata del nervo trigemino, del suo decorso e della sua patologia. Nel percorso abbiamo preferito utilizzare come riferimento l'anatomia patologica topografica, diffidando dai singoli aspetti clinici, spesso contraddittori e non corrispondenti alla neuropatologia. Il nervo è stato suddiviso in quattro segmenti anatomici: porzione tronco-encefalica (comprendente nuclei e vie di proiezione), radice pregangliare, ganglio di Gasser e terminazioni periferiche (sensitive e motorie). Per ognuno di questi segmenti sono stati esaminati gli aspetti patologici su base vascolare (comprendente lesioni ischemiche, emorragiche, malformative ed il cosiddetto ‘conflitto neurovascolare»), infiammatoria (sclerosi multipla), malformativa e neoplastica. Secondo dati statistici più frequente è l'interessamento delle terminazioni periferiche, seguite dal segmento intracisternale, dai nuclei del tronco encefalico e dal ganglio di Gasser. Metodica neuroradiologica di scelta si è rivelata essere la risonanza magnetica in virtù del suo maggiore potere di risoluzione in alcuni distretti anatomici rispetto ad altre tecniche digitalizzate, della capacità di fornire immagini multiplanari e della maggiore sensibilità e specificità.


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